Standard & Poor’s taglia rating Italia a BBB: “Pil -1,9% nel 2013”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Luglio 2013 - 20:04 OLTRE 6 MESI FA
Standard & Poor's taglia rating Italia a BBB: "Pil -1,9% nel 2013"

La sede di Standard & Poor’s a New York (Foto Lapresse)

NEW YORK – Standard & Poor’s ha tagliato nuovamente il rating a lungo termine dell’Italia, che passa da BBB+ a BBB. Anche l’outlook è negativo: questo significa che “c’è almeno una chance su tre che il rating possa essere ridotto ancora nel 2013 o nel 2014”.  Quello di BBB è il penultimo gradino nelle valutazioni di Standard & Poor’s prima dei gradi di non investimento, quelli, cioè, che indicano Paesi che potrebbero non mantenere gli impegni finanziari presi con gli investitori.

Tra le cause del taglio c’è anche la sospensione dell’Imu (già criticata dal Fondo Monetario Internazionale) e il possibile ritardo del pianificato aumento dell’Iva, che, secondo l’agenzia di rating, potrebbero mettere a rischio gli obiettivi di bilancio dell’Italia.

Secondo le stime di S&P, l’economia italiana (cioè il Prodotto interno lordo) si contrarrà quest’anno dell’1,9%. L’agenzia sottolinea che il downgrade dell’Italia è legato alle attese di un “peggioramento delle prospettive economiche” dell’Italia dopo “10 anni in cui la crescita reale si è aggirata in media a un -0,04%”. S&P prevede un debito al 129% alla fine del 2013.

Secondo l’agenzia di rating, una delle “tre sorelle” insieme a Moody’s e Fitch, “la lenta crescita deriva in gran parte dalla rigidità del mercato del lavoro e di quello produttivo italiano”.

LETTA: “SITUAZIONE RIMANE COMPLESSA” –  Per il presidente del Consiglio, Enrico Letta, l’abbassamento del rating dell’Italia da parte di S&P dimostra che ”la situazione rimane complessa” e che l’Italia resta un ”vigilato speciale”. ”Chi pensa che a livello internazionale sia tutto risolto si sbaglia di grosso”. Fonti del Tesoro hanno però detto all’agenzia Ansa che la decisione dell’agenzia Standard & Poor’s “è una scelta già superata dai fatti, ha uno sguardo retrospettivo e non tiene conto delle misure più recenti prese dal governo, come il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e gli interventi sul lavoro.