Matematica, statistica, chimica,… trovano lavoro 9 su 10, ma solo 6% ci va

di Riccardo Galli
Pubblicato il 17 Agosto 2017 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA
Matematica, statistica, chimica,... trovano lavoro 9 su 10, ma solo 6% ci va

Matematica, statistica, chimica,… trovano lavoro 9 su 10, ma solo 6% ci va

ROMA – Chimica, statistica e matematica aprono le porte del mondo del lavoro. Ma nessuno o quasi le sceglie. E’ il paradosso dei corsi di laurea italiani dove oltre il 90% dei neolaureati nelle materie citate trova lavoro nei 5 anni successivi alla fine del percorso di studi, e con stipendi più alti della media, ma che il 94% degli universitari italiani snobba. Preferendo le più ‘classiche’ scelte come giurisprudenza, lettere o economia.

Se l’università serve non solo come coronamento del percorso di formazione ma anche come trampolino per la propria vita lavorativa, c’è qualcosa che non torna negli atenei italiani. I numeri li fornisce il Miur, almeno quelli relativi alle iscrizioni. Secondo dati del ministero si parla di 1.087 matricole a statistica, 2.810 a matematica, 3.842 a fisica e 4.175 a chimica. Un totale di 11.914 studenti: il 4,2% sui 283mila neo-iscritti dell’anno accademico 2016-2017. Aggiungendo chi ha scelto la chimica come percorso di laurea, la percentuale di chi opta per queste facoltà arriva al 6,3 quando, tanto per fare un paragone, economia e ingegneria da sole raccolgono oltre il 28% delle iscrizioni.

Eppure, e questo è il paradosso, si tratta di discipline che registrano tassi di occupazione vicini al 100% già dopo il triennio, cioè dopo la cosiddetta ‘laurea breve’. Secondo i dati Almalaurea citati da Alberto Magnani sul Sole24Ore, il solo segmento dei corsi scientifici garantisce un tasso di occupazione ai suoi laureati del 93% a cinque anni dal titolo dal primo livello, sopra anche agli standard di ingegneria (92%) e dell’area medico-sanitaria (90,2%). Se non bastasse questo a far gola ai diplomati che devono scegliere il loro futuro universitario, chi ha in tasca una laurea di quelle citate può legittimamente sperare di avere uno stipendio ed un contratto migliore rispetto ad un suo coetaneo dottore in altre discipline. Sempre secondo i dati Almalaurea, la retribuzione netta mensile a cinque anni dalla fine del biennio di specializzazione è infatti pari a 1.649 euro per chi ha ottenuto un titolo nell’area scientifica, 1.576 euro nell’ambito chimico-farmaceutico e 1.515 euro in quello statistico-economico, contro un valore generale di poco più di 1.400 euro. Il tipo di contratto più diffuso tra i laureati di ambito scientifico, chimico-farmaceutico e statistico è poi il tempo indeterminato, con un’incidenza complessiva del 63% a cinque anni dal titolo contro una media del 56,2%.

Condizioni non certo dorate rispetto ai ‘colleghi’ europei – se un laureato in scienze statistiche, attuariali e finanziarie assunto in Italia guadagna 1.604 euro a cinque anni dal titolo, in Germania arriva sopra gli 80mila euro l’anno – ma assolutamente migliori di quelle che prospettano i corsi di laurea scelti dalla stragrande maggioranze degli universitari italiani. Viene da chiedersi allora perché queste discipline vengano sostanzialmente snobbate. Il primo motivo è per così dire d’approccio, vale a dire che senza essersi mai confrontati con queste materie a livello accademico si ritiene comunemente che siano più difficili. Cosa forse vera ma che non dovrebbe essere inserita tra gli elementi di valutazione di scelta di un corso di laurea. A questo si aggiunge poi che nel caso di alcune discipline, come matematica, si ritiene erroneamente che l’unico sbocco professionale sia la ricerca teorica. Mentre i ruoli ricoperti più di frequente dai laureati in questa materia sono professioni di estrazione informatica e finanziaria come data scientist, ingegnere dei Big Data, machine learning specialist, analista degli investimenti e via dicendo.

Universitario avvisato, mezzo… occupato.