Stefano Fassina: “La spesa pubblica non va tagliata”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Ottobre 2013 - 18:49 OLTRE 6 MESI FA
Stefano Fassina: "La spesa pubblica non va tagliata"

Stefano Fassina

ROMA – Tagliare la spesa pubblica per finanziare la riduzione del cuneo fiscale? ”Certo che è possibile, ma bisognerebbe avere il coraggio intellettuale e politico di smetterla con la retorica degli sprechi e dire la verità: tagliare 50 miliardi all’anno vuol dire intervenire brutalmente sulle condizioni di vita delle persone con minori opportunità e, soprattutto, le classi medie”. Queste le parole del viceministro all’economia, Stefano Fassina, all’Huffington Post,  nel commentare il dibattito sulla spesa pubblica.

“Un intervento di questa natura vuol dire – prosegue Fassina – eliminare il servizio sanitario pubblico universale, ridurre di almeno un milione di unità i dipendenti pubblici (dopo una contrazione di oltre 300.000 unità nel decennio alle nostre spalle), svuotare di ogni capacità formativa e di minimale promozione sociale la scuola pubblica”. Allora, non si può fare nulla sulla spesa? ”Si può e si deve fare di più. Ma a partire dai dati di realtà. Non si deve tagliare. Si deve riqualificare e ricollocare la spesa attraverso piani di riorganizzazione industriale a ogni livello di amministrazione, preceduti o accompagnati da una revisione del Titolo V della Costituzione. Obiettivi ambiziosi da perseguire nella consapevolezza che alcuni programmi di spesa dovrebbero trovare sinergie nell’Unione europea mentre altri devono riceve maggiori risorse, come la scuola pubblica, oramai allo stremo, e le politiche sociali, dal sostegno all’inclusione attiva agli interventi per la non autosufficienza, esangui”.

Nel suo intervento all’Huffington Post, con tabelle alla mano, Fassina prosegue:

E per arrivare alla ”necessaria riduzione delle tasse la via strutturale per l’Italia passa per una Maastricht dell’evasione fiscale. La nostra evasione fiscale è la vera anomalia rispetto all’Unione europea: siamo al doppio della media degli altri”. E lo shock invocato da imprese e sindacati per la ripresa? ”Anche qui, inutile farsi illusioni. Nel quadro delle politiche macroeconomiche vigenti nell’euro-zona, è impossibile una ripresa in grado di invertire il trend dell’occupazione. Semplicemente non è nella disponibilità di questo come di nessun altro governo nazionale”.

Dunque ”per promuovere una ripresa significativa, è necessaria un’inversione di rotta nella zona euro e puntare alla domanda interna europea. Quindi, golden rule nei bilanci nazionali per alimentare investimenti produttivi autorizzati dalla Commissione europea, in particolare nel settore edile a massimo moltiplicatore interno; unione bancaria per sganciare i rischi di solvibilità delle banche dai rischi del debito sovrano; innalzamento del tasso di inflazione programmato; euro-project bonds per finanziare infrastrutture materiali e immateriali nazionali e europee e invertire i trend divergenti di produttività; aumento della domanda nei Paesi in avanzo commerciale (come la Spd intende fare attraverso l’introduzione di un salario minimo decente in Germania); introduzione di standard sociali e ambientali per movimenti di capitali e di merci e servizi. Il singolo Paese dell’euro-zona continua a pensarsi e a agire come fosse una piccola economia aperta. Invece, insieme nella moneta unica, sono una grande economia chiusa”.