Prescrizione delle rimesse solutorie, un’eccezione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Settembre 2018 - 12:07 OLTRE 6 MESI FA

studio-legale-sinisiROMA – La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie in caso di azione di ripetizione dell’indebito proposta dal correntista. Ne abbiamo parlato con Luigi Sinisi, avvocato esperto in diritto bancario, dello Studio Legale Sinisi.

L’ordinanza di riferimento è la n. 18144 del 2018. La controversia esaminata vedeva i ricorrenti lamentarsi che l’eccezione era stata sollevata in maniera generica. Nello specifico, non era stata riferita alle singole operazioni, distinte tra rimesse solutorie e ripristinatorie, con l’indicazione della data di decorrenza del relativo termine.

RIMESSE SOLUTORIE, IL PARERE DELLA SUPREMA CORTE.

La Corte di legittimità ha ritenuto infondato il motivo. L’iter argomentativo seguito trae spunto dalla sentenza della Cass. Civ., S.U., n. 24418/2010. Il riferimento è al cliente di una banca che lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente.

Secondo la sentenza, l’azione di ripetizione d’indebito proposta da questo cliente è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale che decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati, e non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati. E ciò in quanto il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens.

LE MOTIVAZIONI DELLA PRONUNCIA.

La pronuncia muove dal rilievo che il termine di prescrizione del diritto alla ripetizione decorre da quando interviene un atto giuridico definibile come pagamento. Un pagamento che l’attore pretende essere indebito perché prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione.

Di conseguenza, se nel corso del rapporto il correntista ha effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, quest’ultimi potranno essere considerati come pagamenti. E, quindi, tali da formare oggetto di ripetizione (se risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale a favore della banca, che non si verifica quando i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.

Sulla base di tali principi, è dunque necessario distinguere i versamenti solutori da quelli ripristinatori della provvista, poiché solo i primi possono considerarsi pagamenti nel quadro della fattispecie di cui all’art. 2033 c.c.

La conseguenza è che la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito decorre, per tali versamenti, dal momento in cui le singole rimesse abbiano avuto luogo.

LA NATURA RIPRISTINATORIA O SOLUTORIA DEI VERSAMENTI.

A fronte della comprovata esistenza di un contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti-conto che il correntista, attore nell’azione di ripetizione, ha l’onere di produrre in giudizio. La prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione dell’eccepita prescrizione è, dunque ,nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione.

Pertanto, in un quadro processuale definito dagli estratti conto non compete alla banca convenuta fornire specifica indicazione delle rimesse solutorie cui è applicabile la prescrizione. Quando la parte convenuta formula l’eccezione di prescrizione, compete al giudice verificare quali rimesse non possono considerarsi pagamenti.

Inoltre, va sottolineato che, ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione dell’indebito, non si richiede che il correntista specifichi le singole rimesse eseguite che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell’art. 2033 c.c.

Di conseguenza, non sussiste alcuna ragione per cui la banca che eccepisce la prescrizione debba essere gravata dall’onere d’indicare i detti versamenti solutori. Soprattutto se si tiene conto del fatto che nemmeno l’attore in ripetizione è tenuto a precisare i pagamenti indebiti oggetto della pretesa azionata. Ne consegue che il carattere solutorio o ripristinatorio delle singole rimesse non incide sul contenuto dell’eccezione che rimane lo stesso, indipendentemente dalla naturadei singoli versamenti. È da escludere, quindi, che la banca abbia l’onere di allegare specificamente le rimesse solutorie.

Nel caso di specie, in applicazione dei suddetti principi, la Corte ritiene non censurabile la sentenza non definitiva impugnata nella parte in cui ha ritenuto la prescrizione della ripetizione delle rimesse solutorie pur in mancanza di specifiche indicazioni sul punto, considerato che il giudice d’appello, attraverso la c.t.u., ha verificato il contenuto delle varie rimesse affluite sul conto.