Svimez, allarme disoccupati al Sud: “Deserto industriale, meno di 6mln lavorano”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Ottobre 2013 - 15:10 OLTRE 6 MESI FA
Svimez, allarme disoccupati al Sud: "Deserto industriale, meno di 6mln lavorano"

(Foto LaPresse)

ROMA – Il mezzogiorno è a rischio desertificazione industriale, con la produzione che è calata del 25% nel 2013 e i cervelli migliori che migrano al Nord Italia. La crisi poi non aiuta, con l’allarme disoccupazione lanciato dai dati del rapporto Svimez: il numero di lavoratori al Sud è sceso sotto la soglia dei 6 milioni di persone, un record negativo che non si registrava dal 1977. I più colpiti poi sono i giovani, con il tasso di disoccupazione per gli under 35 che nel 2013 è del 28,5%.

DESERTO INDUSTRIALE – Continua la desertificazione industriale del Sud a dispetto delle politiche Ue per le regioni svantaggiate che in Italia non riescono dar frutto. Se Germania e Spagna dal 2001 al 2007 hanno fatto crescere il valore aggiunto industriale delle loro regioni svantaggiate del 40 e 10%, in Italia il valore aggiunto industriale del Sud è rimasto al 2007. Poi la crisi: il valore aggiunto manifatturiero è sceso dall’11,2% del 2007 al 9,2% del 2012, la produzione è scesa del 25%, i posti di lavoro del 24% gli investimenti del 45%.

MIGRAZIONE CERVELLI AL NORD – Negli ultimi 20 anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Sud al Centro-Nord circa 114 mila abitanti e continua la fuga di giovani e cervelli. Riguardo al titolo di studio, il 64% dei meridionali che nel 2011 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea. I laureati diretti al Centro-Nord sono nel 2011 il 25% del totale, più che raddoppiati in dieci anni.

MENO DI 6MLN DI OCCUPATI – Nel primo trimestre 2013 il Sud ha perso 166mila posti di lavoro rispetto all’anno precedente scendendo sotto la soglia dei 6 milioni. Non accadeva dal 1977, come mostrano i dati del rapporto Svimez. Nel 2012 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 43,8% nel Mezzogiorno a fronte di un 63,8% nel Centro-Nord. Nel 2012 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 17% al Sud. I livelli raggiunti ci riportano agli inizi degli anni 90. Il tasso di disoccupazione degli under 35 è salito al 28,5%.

In aumento anche la durata della disoccupazione: nel 2012 al Sud il 60% dei disoccupati si trova in questa situazione da più di un anno. Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine.

Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord sfiorerebbe la soglia del 12% (ufficiale: 8%) e al Sud passerebbe dal 17% al 28,4% (era stimato al 22,4% nel 2008). Dei 3 milioni 337mila Neet registrati nel 2012, 2 milioni sono donne e 1 milione e 850mila si trovano al Sud. Anche se nel 2012 il 55% dei Neet italiani è al Sud, dal 2007 al 2012 nel Centro-Nord i Neet sono cresciuti del 38,5%, cinque volte più del Sud (7%). Inoltre fra gli inattivi al Sud i diplomati sono il 33,7% e i laureati il 27,3%.

“DATI DRAMMATICI” – Jacopo Morelli, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, ha commentato: “Sono dati drammatici e soprattutto non è mai stato così drammatico il dato sull’occupazione. Noi, però vogliamo mandare un messaggio di fiducia, noi non ci arrendiamo, combattiamo con tutte le nostre forze. I giovani imprenditori hanno scommesso sul Paese e vogliono rimanere, come dei combattenti”.

“NO RIPRESA SENZA MEZZOGIORNO” – Anche il ministro della Coesione territoriale, Carlo Trigilia, ha ribadito che “non ci può essere ripresa in Italia se non si risolve il nodo storico del Mezzogiorno riportando al centro dell’agenda politica un tema che sembra scomparso”.

Per il ministro i dati del rapporto Svimez sono “tutti negativi ma non devono farci paura”: “Ora che l’Italia ha fatto i compiti qualche pugno sul tavolo di Bruxelles può e deve batterlo”, sostenendo che i fondi nazionali per il co-finanziamento dei progetti legati ai fondi di sviluppo e coesione e ai fondi strutturali poiché sono legati alla spesa in conto capitale devono essere ”scorporati dal deficit”.

I fondi però devono ”essere utilizzati bene” non ”come marmellata’”, spiega Trigilia: “Serve un principio di coordinamento perché il sistema così com’è non funziona. Dobbiamo cambiarlo subito per usare queste risorse in modo più efficace. Occorre una visione di sviluppo del Paese in generale, se non si abbandona la logica del ‘particulare’ non ne usciamo”.