Tares: così com’è si paga fino a 7 volte la Tarsu. Ma per cambiarla servono coperture

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Luglio 2013 - 17:21 OLTRE 6 MESI FA
Tares: così com'è si paga fino a 7 volte la Tarsu. Ma per cambiarla servono coperture

Tares: così com’è si paga fino a 7 volte la Tarsu. Ma per cambiarla servono coperture

ROMA – L’Imu è stata rinviata, l’aumento dell’Iva è stato rinviato, la Tares è stata congelata. Un ingorgo di tasse preannuncia un autunno molto turbolento per contribuenti, Stato e Comuni. Così come l’Imu, la Tares è il nuovo nome di una tassa “rimodulata”, verbo molto di moda che spesso sostituisce il più allarmante “aumentata”. La Tares accorpa le vecchie tasse sui rifiuti, la Tarsu e la più recente Tia. Spiega Gianni Trovati sul Sole 24 Ore:

“Se intende mettere mano anche alla Tares, la riforma del Fisco immobiliare deve arrivare prima della legge di stabilità. Anche il quadro del tributo sui rifiuti e servizi, che da quest’anno dovrebbe sostituire Tarsu e Tia, è stato congelato in attesa della riforma, e per il momento le rate chieste ai contribuenti seguono i parametri delle tasse e tariffe ambientali teoricamente già pensionate. L’appuntamento con il conguaglio, però, è fissato a ottobre (ma i Comuni possono spostarlo fino a dicembre), e promette un doppio aumento. Agli occupanti di immobili (non solo ai proprietari, ma anche a chi è in locazione o comodato) sarà chiesto di versare la maggiorazione da 30 centesimi al metro quadrato, che avrebbe dovuto finanziare i «servizi indivisibili» dei Comuni ma è stata poi girata allo Stato; nei 6.700 Comuni ancora a Tarsu, poi, anche la quota ambientale è destinata a crescere, soprattutto per gli esercizi commerciali, perché il tributo andrà commisurato alla produzione effettiva dei rifiuti e dovrà coprire il servizio di igiene urbana”.

Se però il governo Letta vuole evitare questa stangata ai contribuenti deve trovare i soldi perché la mossa non pesi sulle casse dello Stato. E deve trovarli prima del varo della legge di stabilità 2013:

“Visti con gli occhi dei conti pubblici, questi aumenti si trasformano in coperture che vanno sostituite nel caso di riforma. Per questa ragione la «riforma complessiva», che secondo il Dl blocca-Imu deve coinvolgere anche la Tares, non può aspettare la legge di stabilità che arriva in autunno, quando i conguagli Tares si mettono in moto. Per lo Stato, la rinuncia alla maggiorazione Tares costerebbe un miliardo (quanto il rinvio dell’Iva), ma a preoccupare i contribuenti sono soprattutto i nuovi parametri di calcolo che disciplinano il capitolo ambientale del tributo”.

La Tares, così com’è, resta però una tassa che può rivelarsi molto più salato della vecchia Tarsu:

“Il criterio è quello del “metodo normalizzato”, già applicato nei Comuni dove si paga(va) la Tia (sono 1.300) e misura il conto alla quantità dei rifiuti prodotti in media dalle diverse categorie di contribuenti. Il passaggio è destinato ad appesantire il conto di parecchi esercizi commerciali, a partire da ristoranti, alberghi, bar, negozi di alimentari: per loro, secondo le prime stime, il nuovo tributo può chiedere fino a 7 volte quello che fino al 2012 si è pagato con la Tarsu.

In questo quadro, ogni settimana che passa senza una decisione sulle regole 2013 non può che peggiorare la situazione. Le prime rate si limitano a dividere le somme versate l’anno scorso a titolo di Tarsu, per cui l’intera differenza è destinata a concentrarsi nella parte finale dell’anno: proprio quando arriveranno, a legislazione vigente, gli acconti maggiorati chiesti dall’ultimo decreto per compensare il rinvio dell’aumento Iva e il saldo dell’Imu.

Ma non è solo l’ingorgo fiscale di fine anno a imporre di tagliare i tempi in vista dell’ultima parola sulla Tares. Il passaggio al nuovo tributo impone a Comuni e aziende del settore (con l’eccezione di chi già applicava la Tia) di scrivere i piani finanziari e su questa base articolare le tariffe da chiedere alle diverse categorie di utenza. Il lavoro non è semplice, perché ogni ente deve censire le categorie di utenze famigliari, commerciali e produttive, e fissare le tariffe armonizzandole con diversi moltiplicatori per coprire i costi del servizio. […]

Ritrovarsi a settembre con l’obbligo di chiudere piani finanziari e tariffari in base a regole non ancora definitive rischia di trasformarsi in un’impresa impossibile. Tanto più che un’ipotesi di intervento minimale, forse più semplice da condurre in porto, si limita a cancellare la maggiorazione statale, sempre che si riesca a trovare un altro miliardo oltre a quelli che servono per le tante partite in sospeso”.