Tasi prima casa, detrazioni: mancano 2 miliardi. Rischio stangata

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Dicembre 2013 - 11:12 OLTRE 6 MESI FA
Tasi prima casa, detrazioni: mancano 2 miliardi. Rischio stangata

Tasi prima casa, detrazioni: mancano 2 miliardi. Rischio stangata

ROMA – Aliquota Tasi che rischia di salire fino al 3.5 per mille e soldi per le detrazioni (annunciate) che non ci sono. Resta il caos sulle tasse sulla casa e resta soprattutto il rischio di una stangata.

Tutta colpa, come spiega di soldi che non ci sono. Perché alla Tasi gonfiata fino al 3.5 per mille bisogna associare una detrazione minima fissata per legge. Il Governo per ora ha messo sul piatto 500 milioni. Briciole che finirebbero per produrre una mini detrazione da 25 euro. Molto meno dei 150 che rappresenterebbero una detrazione reale e percepibile. Ma come trovare quei due miliardi che servirebbero?

Spiega sul Sole 24 Ore Gianni Trovati:

Alla Tasi “gonfiata” fino al 3,5 per mille, ipotizzata in questi giorni nel cantiere delle correzioni alla legge di stabilità per far quadrare i conti, è indispensabile una detrazione minima fissata dalla legge, e modulabile in aumento a livello locale, per evitare di distribuire rincari a pioggia rispetto al 2012. Uno sconto fisso per legge, però, costa parecchio: i 500 milioni già messi sul piatto dalla legge che sarà approvata domani (lunedì, ndr) dal Senato si tradurrebbero in una detrazione da 25 euro per ogni abitazione principale. Quindi per arrivare a una cifra realmente significativa (almeno a 150 euro) servirebbero altri due miliardi.

Per ora, insomma, il quadro è di incertezza e di tensione politica. E l’oggetto è proprio come organizzare il sistema di detrazioni. Ai tempi dell’Imu tutto era fissato per legge: detrazione di 200 euro (che il comune poteva aumentare) sulla prima casa più 50 euro per ogni figlio sotto i 27 anni. E la Tasi? Spiega Trovati che il rischio è quell di detrazioni per una fascia di popolazione molto più ristretta:

Anche alla Tasi serve un meccanismo analogo nelle modalità di funzionamento, perché una detrazione lasciata troppo nel vago dalla legge nazionale rischierebbe di lasciare troppi contribenti “scoperti”, e costretti ad affrontare la “super-Tasi” in tutta la sua forza. Detto in altri termini: se si permette di alzare il tributo al 3,5 per mille a chi «introduce detrazioni», si dà spazio ai Comuni di alzare al massimo l’aliquota generale per l’abitazione principale, prevedendo sconti molto selettivi e rivolti a una minoranza dei contribuenti. Gli altri proprietari si potrebbero così trovare a pagare anche tre-quattro volte più della vecchia Imu.

L’ipotesi non è accademica, e manovre di questo tipo da parte dei sindaci non sarebbero animate solo da un’opportunistica passione per le tasse, ma piuttosto dall’esigenza di tenere in qualche modo in piedi i conti. La ragione non è difficile da capire: i problemi di bilancio creati dalla Tasi, e riassunti dal miliardo e mezzo in più chiesto dai sindaci, si concentrano nei Comuni dove le aliquote Imu sono salite rispetto ai livelli standard e dove, di conseguenza, anche la Tasi deve crescere per tenere il passo. Proprio questi Comuni, quindi, hanno meno risorse per concedere sconti, e sarebbero più tentati di ridurre al minimo il raggio d’azione delle detrazioni. Non è un problema da poco, se si pensa che l’Imu sull’abitazione principale è cresciuta a Torino, Milano, Brescia, Verona, Genova, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Roma, Napoli, Salerno, Palermo, in altri 33 capoluoghi e in oltre 2.300 Comuni medi e piccoli.

Una beffa perché, come ricorda il Sole

in generale, le detrazioni servono soprattutto alle case di valore più modesto, perché un quarto dei proprietari di casa abita in un immobile che si ferma sotto ai 50mila euro di valore catastale, e quindi non ha mai l’Imu (nemmeno nel 2012) proprio grazie all’effetto della detrazione fissa, sufficiente ad azzerare l’imposta. Salendo nel valore delle abitazioni, a partire da 60-80mila euro, il bisogno di detrazioni si attenua, perché, al netto di eventuali nuovi sconti, il passaggio da Imu a Tasi è regressivo. Come conferma il caso ipotetico di un villino da un milione di base imponibile, che anche con Tasi massima senza detrazione finirebbe per pagare meno di quanto chiesto dall’Imu standard.