55% di tasse, 150 mld evasi, doppio record: 4 motivi per cui l’italiano non paga

Pubblicato il 20 Luglio 2012 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tasse, sempre tasse, fortissimamente tasse: su ogni euro di ricchezza, 55 centesimi finiscono alla Stato sotto forma di imposte. Il mostruoso 55% di prelievo fiscale smentisce la cifra ufficiale, il pur elevato 45,2%, perché le tasse non le pagano tutti. L’incidenza fiscale sul prodotto interno lordo va depurata dai 154 miliardi che ogni anno l’evasione sottrae alle casse dello Stato: diminuendo il gettito reale, aumenta la percentuale di tasse, fino al livello record che non ha confronti nel mondo. Paghiamo di imposte più della Norvegia, che infatti ha un’evasione fiscale allo 0,4% contro la nostra quota, sempre record mondiale, del 17,5%. La tassa più evasa è l’Irpef, che da sola vale il 41,4% del totale, poi l’Iva con il 37,7%. Quella più odiata è il canone Rai e infatti a Viale Mazzini mancano ogni anno tra i 5 e 700 milioni di mancato gettito. Ma anche l’Imu sta scalando posizioni quanto a idiosincrasia, solo che nascondere una casa è un po’ complicato e infatti la raccolta dell’acconto è stata in linea con le aspettative.

Siamo in presenza di una tara genetica degli italiani che giustifica l’allergia alle tasse e predispone al “nero”? La Confcommercio, alla presenza dello sceriffo delle tasse Attilio Befera, ha stilato l’elenco dei motivi che spiegano ma non giustificano. Primo, non si paga perché si ritiene siano soldi sprecati, visto che un ritorno dei benefici, in servizi, buona amministrazione ecc…, non si vede. Secondo, risulta troppo complicato districarsi nella jungla di balzelli. Terzo, le misure di deterrenza non funzionano: si confida nella quasi certezza che non ti beccheranno mai e se mai succedesse puoi star tranquillo perché la giustizia è troppo lenta per punirti come meriti. Ultimo motivo, non pago perché le tasse sono troppe. E qui entriamo nel circolo vizioso, per cui meno contribuenti si comportano correttamente più tasse gravano sui soliti onesti.

Comunque, nonostante tutto, allegria! Oggi infatti celebriamo il “tax freedom day” cioè il primo giorno dell’anno in cui lavoriamo solo per noi stessi: fino al 19 luglio il nostro stipendio è stato devoluto allo Stato, da oggi costruiamo il gruzzolo tutto nostro. In giorni è il corrispettivo di quel 55% di cui si parla. D’altra parte il nostro rapporto con lo Stato esattore è stato sempre improntato a una certa fantasiosa libertà vessatoria. Non dimentichiamo che solo nel 1991 è stata abolita la tassa sulle banane, considerate consumo di lusso. E solo nel 1995 ci siamo liberati della gabella sull’ombra dei balconi, dei gradini che insistono sulla pubblica via. E poi tassavamo i dadi da brodo, i tubi, lo zucchero, il caffè, la cicoria, l’olio di semi, la margarina, i velocipedi (fonte La Stampa).

Ora che si parla sottovoce ma non troppo di una ulteriore manovra bis o di una nuova edizione della patrimoniale se lo spread non  ci fa il favore di scendere, bisognerebbe ricordare il motivo numero 4 per cui non si pagano le tasse. Perché quando è troppo è troppo e l’imposta diventa un boomerang.