Sull’Iva, non solo Monti: dal 2014 + 0,8 europeo su pane e beni primari

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 30 Marzo 2012 - 14:01| Aggiornato il 1 Aprile 2012 OLTRE 6 MESI FA

Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera

ROMA – Ci sono poche ragioni per sperare che l’Iva non cresca ancora, a settembre rincarerà ancora del 2%, come già stabilito: novità, per nulla attesa, è che oltre al Governo ci si mette anche l’Europa, che per il 2014 pensa a un rincaro dello 0,8% di maggiorazione sui beni di prima necessità dal gennaio prossimo. Il pane, il latte insomma. Che subiranno un incremento della tassazione indiretta del 20%, essendo per questi prodotti l’Iva fissata al 4%. Ci sarà un balzo dell’inflazione, i consumi crolleranno, la crescita si allontana? I conti pubblici, prima di tutto, ha ripetuto ancora ieri il ministro dello Sviluppo Passera, tanto abile nel ritagliarsi uno spazio per lasciare aperto qualche spiraglio a ipotesi suggestive, quanto allineato e coperto sulle posizioni di un governo nato per mettere i conti in sicurezza  e determinato ad assolvere il mandato.

Anche quando si parla di “tesoretti” nascosti, come i 12 miliardi e rotti annunciati da Befera come risultato del recupero dell’evasione fiscale, finiranno per consolidare l’impegno a ridurre il debito pubblico. Ma non si poteva fare altrimenti, non si poteva tagliare la spesa e mettere all’asta qualche pezzo pregiato del patrimonio pubblico, come Poste o Ferrovie, o le golden share detenute in Eni o Enel, invece di incidere sui consumi, cioè sulle tasche di tutti i cittadini? Anche sui disegni intorno al tesoro della Cassa Depositi e Prestiti ci sono grandi manovre: 300 miliardi dei risparmi postali italiani, il 20% del Pil, arsenale parcheggiato fuori dal perimetro del bilancio statale. Un’indiscrezione di Repubblica sottolinea un malcelato fastidio del superministro Passera, tenuto all’oscuro di quanto bolle in pentola. Uno degli obiettivi potrebbe essere far prendere in carico alla Cdp pezzi di patrimonio immobiliare, rivalutarlo e venderlo al miglior offerente. Come per i pezzi pregiati il problema è alienarli per far cassa e diminuire il debito senza che l’operazione si risolva in una svendita a saldi speciali.

L’aumento dell’Iva imposto dall’Europa, segnalato da Franco Bechis su Libero, al di là del merito, appare un po’ cervellotico. L’ex ministro Paolo Savona trae delle conclusioni non certo lusinghiere sul documento approvato in sede comunitaria e messo a disposizione dei parlamenti nazionali. “L’attuale meccanismo di contribuzione degli stati membri al bilancio comunitario viene considerato superato dalla Commissione, che chiede di poggiare l’80% su proprie entrate, introducendo una Iva europea e una tassa sulle transazioni finanziarie (Ttp).

Essa innalzerebbe la pressione fiscale sui cittadini europei di 0,80 punti per alleviare l’onere sui bilanci nazionali. La giustificazione appare piuttosto curiosa e per molti versi anche inopportuna, perché è l’onere sul cittadino che va alleviato, non quello sugli Stati, che non esiste autonomamente”. Va detto, per concludere, che già una parte dell’Iva è girata alla Ue come contribuzione al bilancio comunitario: nel 2010 l’Italia ha dato all’Europa 14,9 miliardi di euro ricevendo in cambio 8,3 miliardi di finanziamenti. Una perdita di 6,5 miliardi, oltre a quelli che non riusciamo a spendere.