Tasse: lavoriamo per il Fisco fino al 21 giugno, un giorno in più dell’anno scorso

di Riccardo Galli
Pubblicato il 22 Gennaio 2019 - 10:29 OLTRE 6 MESI FA
Tasse: lavoriamo per il Fisco fino al 21 giugno, un giorno in più dell'anno scorso

Tasse: lavoriamo per il Fisco fino al 21 giugno, un giorno in più dell’anno scorso (Foto Ansa)

ROMA – Il paradiso può attendere, almeno quello fiscale. In questo 2019 appena iniziato infatti dovremo lavorare un giorno di più rispetto al passato, sino al 21 giugno compreso, per soddisfare le esigenze del Fisco. Fisco che, nonostante le promesse di flat tax e riduzione della pressione in generale, è diventato ancora più ‘affamato’ rispetto a 12 mesi fa facendo arrivare la sua voracità ad un passo dal 47%. Il calcolo lo fa la solita Cgia di Mestre che, prendendo in esame la situazione di un lavoratore dipendente da uno stipendio di circa 50mila euro annui, ha scoperto che quest’anno dovremo lavorare 24 ore in più rispetto al 2018 per saldare i nostri conti con lo Stato. Se nel 2018 il 20 giugno era l’ultimo giorno in cui avremo lavorato per le tasse e non per noi, quest’anno l’attesa è salita a 171 giorni. E quindi solo dal 22 giugno cominceremo a lavorare per noi e la nostra famiglia e non più per pagare le tasse.

Chi paga le tasse, ovviamente, lo fa tutti i mesi come tutti i mesi incassa anche per sé e non solo per lo Stato. Ma il calcolo della Cgia e l’asticella fissata ad una data come se prima pagassimo tutto quello che dobbiamo al Fisco e solo dopo cominciassimo ad incassare, serve a dare un’idea, semplice ed efficace, di quanto le tasse pesino realmente sulle buste paga e sull’economia dei lavoratori. A fronte, spesso, di servizi non all’altezza di simili spese. Vedere poi la data in cui ci libereremo dal gioco fiscale aiuta, ancora una volta in modo quasi intuitivo, a capire se la pressione fiscale cresce o diminuisce. Si possono infatti promettere mari e monti ma, se un anno ci vogliono più giorni per sfamare il Fisco rispetto ai dodici mesi precedenti, questo vuol dire che la pressione fiscale aumenta. E quest’anno è ad un passo dal 47%.

Tax Freedom Day. Ha ormai addirittura un nome il giorno in cui si è saldato o si salderà il conto con il Pubblico. Ma un altro ‘gioco’ divertente è quello di dividere non solo l’anno, ma anche la singola giornata. Un esercizio per cui basta una calcolatrice e che dice che, il suddetto impiegato, da quando entra in ufficio alle 9, sin quasi alla pausa pranzo, lavora non per sé solo ma per le tasse che deve. Nel dettaglio (che fornisce il Corriere della Sera) lavorerà 115 minuti, quindi dalle 9 sino alle 11, per saldare l’Irpef; i successivi tre quarti d’ora, sino alle 11.45, per coprire i contributi che un giorno gli daranno la pensione e poi, fino alle 12.30, per Iva e accise. Iva che, tra l’altro, si prepara ad avere sempre più spazio con le clausole di salvaguardia inserite dal governo giallo-verde nella manovra che la faranno lievitare di diversi punti percentuali nei prossimi 3 anni se non verranno, come si dice in gergo, sterilizzate.