Tfr: liquidazione in un fondo pensione gestito dall’Inps? Idea che non convince

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Dicembre 2013 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA
Tfr: liquidazione in un fondo pensione gestito dall'Inps? Idea che non convince

Tfr: liquidazione in un fondo pensione gestito dall’Inps? Idea che non convince

ROMA – Versare in un fondo pensione pubblico gestito dall’Inps tutto o parte del Tfr, il Trattamento di fine rapporto, la liquidazione.

Ogni anno in Italia vengono maturati circa 23 miliardi di euro di liquidazioni, dei quali 5,5 finiscono nei fondi pensione, 11 restano in azienda e 6 vengono versati nel fondo di tesoreria gestito dall’Inps.

Fondo che, a sei anni dal suo lancio, dovrebbe aver accumulato una cifra intorno ai 30 miliardi. Ora, oltre al fondo di tesoreria, viene proposto un fondo pensione dell’Inps.

Un’idea che non convince l’economista Mauro Marè, che sul Sole 24 Ore scrive:

Ritengo però questa idea sbagliata per vari motivi. Innanzitutto, l’Inps già percepisce parte di queste risorse. Nel 2007, quando si lanciarono i fondi pensione, si decise infatti che il Tfr delle imprese con 50 e più addetti, se non destinato ai fondi pensione, non sarebbe rimasto in azienda ma confluito in un fondo di tesoreria gestito dall’Inps”.

Fondo che dovrebbe avere una dotazione di 30 miliardi. Ma su questo non c’è nulla di certo:

“Non sarebbe il caso di chiarire quale sia la consistenza del fondo e quale il suo utilizzo? Finanziare spese di investimento e progetti infrastrutturali – come prevedeva la legge – oppure ripianare i disavanzi sanitari? Chi ha deciso la destinazione? La Ragioneria e la Corte dei Conti hanno controllato? C’è stata evasione contributiva? Questo vorremmo sapere, e nonostante diversi tentativi non si hanno informazioni ufficiali – almeno io non le ho”.

Dopo i deficit di informazione riguardo allo stato del fondo di tesoreria, Marè elenca tutte le sue perplessità su un’eventuale fondo pensione dell’Inps:

Non sarebbe, infatti, un’entrata netta, a meno di non pensare a un sequestro argentino-polacco, quindi non migliorerebbe strutturalmente il bilancio – si forse per qualche anno, ma poi ci sarebbe un’uscita netta. L’idea di lasciare libertà di scelta ai lavoratori nelle decisioni di risparmio, se condivisibile, almeno sul piano dei principi, andrebbe allora applicata anche su parte dei contributi obbligatori, con un opting out che recuperi le risorse che vanno adesso al primo pilastro. Perché liberalizzare la destinazione del Tfr e non anche quella sul resto delle risorse?

Ma a rilevare è soprattutto un altro aspetto: a quale gestione si sta pensando? Una a ripartizione, come quella di tesoreria esistente, o una a capitalizzazione? La prima opzione neutralizzerebbe il possibile effetto positivo sull’economia e farebbe emergere la tentazione di usare queste risorse per fini politici; mentre la riproposizione dell’idea di un fondo a capitalizzazione pubblico è inopportuna per vari motivi: chi sceglierebbe gli investimenti? Con quali criteri? e per quali ragioni si dovrebbe gestire in maniera più efficiente queste risorse rispetto ai fondi pensione? Al di là delle eventuali economie di scala, che l’Inps potrebbe avere nella gestione delle risorse, le vere questioni quando si discute di Tfr sono la democrazia economica e il rischio politico. L’aspetto delicato è quello della governance ma anche il rischio che gli investimenti siano decisi con finalità di politica economica, anche comprensibili ma non coincidenti con la sana e prudente gestione delle risorse. Il vero vantaggio dei fondi pensioni non è tanto nei rendimenti che possono conseguire, o nelle chance che offrono alla finanza per lo sviluppo, adesso di moda, ma nel fatto che l’allocazione delle risorse sia decisa non da un ministero ma dai Cda dei fondi pensione, che meglio tutelano l’interesse dei lavoratori rispetto alle direttive pubbliche.

La vera domanda fondamentale è però più complessa: è possibile accumulare riserve nel settore pubblico? Se l’accumulazione avviene all’interno di un fondo pubblico, i funzionari governativi saranno i responsabili dell’allocazione finale delle risorse tra le alternative possibili. Il timore è che le decisioni di investimento siano guidate da considerazioni politiche, con l’effetto di ridurre il rendimento degli investimenti, o che le risorse siano destinate a impieghi poco produttivi e producano intromissioni nelle decisioni dei manager delle imprese – e la vicenda recente dell’uso di Poste per Alitalia è illuminante al riguardo; ma lo stesso si potrebbe dire per la modifica delle regole in materia di rivalutazione delle pensioni Inps o della liquidazione dei dipendenti pubblici…”