Trapianto di cuore a Mirafiori: la “Fiat di lusso”. L’azzardo di Marchionne

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 31 Gennaio 2013 - 13:09| Aggiornato il 16 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un miliardo di perdita in Europa, due miliardi e passa di guadagni in America: la Fiat oggi si regge così, sta in piedi finanziariamente e industrialmente perché America compra e paga, Europa non compra e non paga automobili. Alla lunga però così non può andare. E allora che fare? O chiudere qualche stabilimento europeo o rischiare l’osso del collo, tentare un trapianto di connotati sul cuore del brand Fiat: trapiantare alla fabbrica e al marchio delle utilitarie le stimmate dell’auto di lusso. La Fiat punta sul lusso, rileva la Bertone a Grugliasco e produrrà Maserati per palati fini e portafogli di un certo peso. Marchionne sfiderà i tedeschi nel segmento produttivo dove non li batte nessuno; anche le utilitarie, tipo la 500, dovranno essere sempre più “sexy e competitive”. Non ci posso credere! avrebbe esclamato il mitico Rolando di Mai dire gol. E’ la stessa Fiat della Panda, della Uno, della Punto, il simbolo della macchina economica buona per tutte le tasche e per tutte le stagioni e chi se ne frega se non è superaccessoriata, se va piano, se non è certo con una Tipo che corri il rischio di rimorchiarti la tipa…

Tutto cambia, tutto si evolve: alla fine, se Marchionne riuscirà nell’impresa, sarà per questo, più della scoperta dell’America, più del maglioncino blu come divisa manageriale, che il suo sarà un lascito memorabile, scolpito nella memoria. Aver trasformato una Fiat in un’auto finalmente da esibire, per cui farsi invidiare: uno status symbol, una macchina potente e asseverativa, estranea alla plastica come al vinilpelle, per uomini  avventurosi, donne brillanti e comunque per chi compra e guida “di qualità”.E’ il marketing, bellezza, vale anche per Mercedes, Audi, Bmw, varrà anche per Fiat.

Obiettivo la qualità, aggredendo il segmento “Premium”. Fiat lux, quindi. Un miliardo di investimento nello stabilimento di Grugliasco, per la produzione della Quattroporte, rilevato dalla Bertone a prezzo di saldo. Dei più di mille operai ne sono stati riassunti la metà, dell’altra si programma l’assunzione il prossimo anno, liberandoli da una cassa integrazione ormai di 6 anni, quando comincerà la produzione della Ghibli.

E’ l’atto di nascita della fabbrica Maserati. Si chiamerà Giovanni Agnelli, in memoria dell’Avvocato, vera icona dello stile italiano nel mondo. Il piano di crescita è ambizioso (“epocale” secondo Marchionne) e prevede la vendita di 50.000 vetture entro l’anno a fronte delle poco più di 6.000 dell’anno scorso. I nuovi modelli dovranno coprire il 100 per cento del mercato del lusso a fronte dell’attuale 21 per cento.

La capacità produttiva è di 200 vetture al giorno su tre turni, ma si potrebbe arrivare a 400. Il 95% delle vetture prodotte sulle sue linee saranno esportate. Lo stabilimento, che copre una superficie di oltre 100.000 metri quadrati, è stato completamente rinnovato in un anno: bianco, giallo, rosso, blu i colori dominanti con grandi robot al montaggio e linee capaci di produrre fino a quattro modelli in contemporanea. “Vogliamo costruire qui automobili straordinarie – ha detto Elkann – che si faranno ammirare sulle strade di tutto il mondo”. Applaudono anche gli operai Fiom a Grugliasco, qui si inizia ad avere un po’ più di fiducia nelle promesse italiane di Marchionne.

Novecento milioni di euro sono stati spesi per ristrutturare la fabbrica di Pomigliano, 1 miliardo per Grugliasco, un altro miliardo per Melfi e somme analoghe dovrebbero essere annunciate per quanto riguarda tecnologia e capitale immessi nelle linee di montaggio di Mirafiori e Cassino. Dentro la svolta lusso di Fiat rientrano, oltre a Maserati, anche berline Alfa Romeo di alta gamma. A Mirafiori nasceranno, invece, le Maserati Levante e le MiTo della Casa del biscione. E le utilitarie? Si rifaranno tutte il trucco, restyling obbligatorio per tutte: l’auto di massa dovrà essere comunque “competitiva e sexy”. Anche la Panda, la più venduta, deve in prospettiva, e come forma mentale dell’azienda, diventare come la 500, sempre più accessoriata e invitante. A Austin, capitale del Texas, va a ruba: un concessionario ne ha ordinate 1000. In America, l’utilitaria italiana è glamour.