Tre “cavalli” per Bankitalia

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 27 Giugno 2011 - 13:12| Aggiornato il 3 Marzo 2013 OLTRE 6 MESI FA
Giulio Tremonti e Vittorio Grilli (Lapresse)

Con Mario Draghi alla presidenza della Bce dal 1 novembre sarà libera la poltrona più importante della Banca d’Italia. Fino a un paio di giorni fa i più maliziosi si chiedevano se il “super” ministro dell’Economia Giulio Tremonti avrebbe soffiato anche questa piazzaforte a Silvio Berlusconi. Ma i due si sono messi d’accordo sul nome di Vittorio Grilli, ora direttore generale del Tesoro. Le cronache si sono occupate di lui di recente: è stato prosciolto dall’accusa di danno erariale per la nomina di Alfredo Meocci a direttore generale della Rai. Ai consiglieri Rai dell’epoca e a Domenico Siniscalco è toccata una multa di 1,8 milioni di euro. C’è chi ha visto in questa condanna schivata lo zampino di Tremonti a protezione del suo uomo.

Se Grilli diventasse il nuovo governatore sarebbe una rivoluzione in via Nazionale: il governo riuscirebbe a mettere un suo uomo al posto di Draghi, in questi anni lontano, indipendente e non di rado rivale sia di Berlusconi che di Tremonti.

Ma i diarchi dell’attuale maggioranza non hanno fatto i conti con Giorgio Napolitano, i vertici di Bankitalia, lo stesso Draghi. Innanzitutto bisogna ripassare il meccanismo della nomina: avviene con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il consiglio superiore della Banca d’Italia. Due passaggi su quattro prescindono da qualsiasi patto Giulio-Silvio.

Fabrizio Saccomanni e Mario Draghi (Lapresse)

E infatti nelle parole del presidente della Repubblica (“Nella scelta rispettare tutte le procedure”) c’è chi ha visto un’indicazione per un nome “interno”, come da procedura appunto. Chi è? Fabrizio Saccomanni, 68 anni, attuale direttore generale di Bankitalia. Persona gradita ai vertici di via Nazionale: è uno di loro, del resto.

Ma in questa corsa a due c’è un terzo, che per ora non gode affatto: è Lorenzo Bini Smaghi, che ha dovuto fare spazio alla Bce per l’arrivo di Draghi (uno dei tanti prezzi l’Italia ha dovuto pagare per la sua nomina alla Bce), rinunciando alla sua carica nel board della Banca Centrale Europea per non creare “intasamenti italiani”. La gara è apertissima, e i precedenti insegnano che si risolverà all’ultimo minuto.