Voucher addio: “Così aumenta il lavoro nero”

di redazione Blitz
Pubblicato il 28 Marzo 2017 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Voucher addio: "Così aumenta il lavoro nero"

Voucher addio: “Così aumenta il lavoro nero”

ROMA – L’abolizione dei voucher è un “incentivo fortissimo a tornare al lavoro nero”: è la tesi sostenuta in un articolo di Italia Oggi a firma di Marino Longoni, che sostiene come l’aumento del lavoro non dichiarato sarà “l’unica prevedibile conseguenza dell’abolizione dei voucher decisa lo scorso 17 marzo dal Consiglio dei ministri, che ha approvato un decreto legge che abolisce i buoni lavoro, lasciando la possibilità di utilizzare quelli già acquistati prima dell’entrata in vigore della legge entro il 31 dicembre 2017.

Solo che, sottolinea Italia Oggi,

Il legislatore non si è accorto però che le norme abrogate contenevano anche le regole per l’utilizzo dei voucher: senza queste norme i buoni lavoro sono inutilizzabili. Il ministro Giuliano Poletti ha cercato di mettere una pezza martedì scorso con un comunicato stampa nel quale si precisava che «l’utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio, nel periodo transitorio sopra ricordato, dovrà essere effettuato nel rispetto delle disposizioni in materia di lavoro accessorio previste dalle norme oggetto di abrogazione da parte del decreto».

Abbiamo quindi una nuova figura giuridica: il comunicato-legge con il quale si dice che le norme abrogate sono ancora in vigore.

Adesso i problemi maggiori toccano a

famiglie e piccole imprese, utilizzatori tipici dei voucher. In attesa della revisione generale della materia, promessa dal governo, non esistono, infatti, alternative praticabili per disciplinare i rapporti di lavoro di natura temporanea o fortemente stagionali. Pensiamo a una famiglia che ha bisogno di un aiuto, colf, badante o baby sitter, per pochi giorni, magari per far fronte a un’esigenza imprevista: in mancanza dei buoni lavoro dovrebbe attivare un nuovo rapporto di lavoro, con tutti i costi e gli adempimenti burocratici connessi.
Problemi insormontabili anche per la piccola azienda che deve far fronte a un picco di lavoro di natura temporanea. Potrebbe utilizzare il lavoro a chiamata, ma in questo caso dovrà utilizzare solo lavoratori con età fino a 25 anni oppure oltre i 55 e solo per 400 giornate in 3 anni solari. E anche qui dovrà mettere in conto parecchie complicazioni burocratiche necessarie per attivare i nuovi contratti.

Potrebbe utilizzare anche un contratto di lavoro a termine, ma dovrà mettere in conto la necessità di un consulente per la preparazione delle buste paga, per le comunicazioni di assunzione e alla fine per il recesso. Ma potrà essere assunto un numero di lavoratori non superiore al 20% della forza lavoro già alle dipendenza dell’azienda. Quindi un massimo di un contratto a termine ogni 5 dipendenti a tempo indeterminato.

(…) Anche l’utilizzo di collaboratori con partita Iva, che in molti casi risulterà comunque impossibile, in altri si presta a contestazioni e a rischi sanzionatori non trascurabili.

In altre parole, conclude Italia Oggi,

moltissime esigenze di piccole imprese, aziende agricole, enti non profit, famiglie non potranno essere coperte perché, grazie al conflitto tutto politico innescato dalla Cgil (a sua volta forte utilizzatrice fino a ieri dei voucher) e alla maldestra risposta del governo, è stato eliminato l’unico strumento legale per farvi fronte. Un incentivo fortissimo a tornare al lavoro nero.