Warren Buffett, “aliquota minima al 30% a noi milionari”. Da noi 43% a 75 mila €

Pubblicato il 27 Novembre 2012 - 14:34 OLTRE 6 MESI FA
Warren Buffett

ROMA – Warren Buffett, uno degli uomini più ricchi ma anche più ascoltati del mondo, non è la prima volta che dichiara di voler pagare più tasse. Nell’ultimo intervento sul New York Times si è spinto perfino a consigliare la giusta aliquota minima e a rassicurare tutti che qualche punto percentuale in più di tassazione non ha mai scoraggiato nessun investitore, tanto meno oggi che i  milionari hanno una disponibilità finanziaria mai avuta prima, grazie soprattutto a quegli sgravi fiscali di epoca Bush che consentono a plurimilionari di pagare meno imposte di normali contribuenti senza troppi zeri.

I dati snocciolati rivelano la “vergogna” (testuale) sulla consistenza dei patrimoni delle 400 persone più ricche d’America, che sia  un “insider” come Buffett (fa parte del club) a ripeterli rafforza il concetto.

Oggi la loro disponibilità è stimata in 1700 miliardi di dollari, patrimonio più che quintuplicato negli ultimi 20 anni (“la mia banda ha fatto male ai ceti medi”). Nel 1992 pagavano in media il 26,4% sul reddito lordo rettificato, oggi (il 2009 il dato disponibile più aggiornato) pagano un’aliquota media del 19,9% (“E’ bello avere amici in alto loco”). Calcola lo spiritoso Buffett, “un salario di 97 mila dollari l’ora calcolando una settimana lavorativa di 40 ore (do per scontato che le pause pranzo siano retribuite”).

Per venire alle proposte per impedire il fiscal cliff americano. Oggi le entrate sono al 15,5% del Pil e le uscite al 22,4%. Insostenibile. Un rapporto più virtuoso, non definitivo sul deficit ma su cui il Paese ha retto per tanti anni quanto a stabilità del debito, per Buffett è 18,5% di Pil per le entrate, 21% di Pil per le uscite. Obama propone di aumentare le tasse ai ricchi tagliando gli sgravi fiscali oltre i 250 mila dollari: Buffett è d’accordo tranne che per l’asticella, secondo lui troppo bassa, da elevare almeno a 500 mila dollari. Suggerisce, Buffett, l’introduzione immediata di un’aliquota minima sui redditi alti fissata al 30% tra 1 e 10 milioni di dollari, 35% oltre i 10 milioni.  Aliquota minima come scudo, protezione dall’assalto della potente lobby dei ricchi che attraverso ogni tipo di sgravio fiscale porta a mascherare i redditi e “mantenere le aliquote effettive degli ultraricchi ben al di sotto di quelle che pagano persone che guadagnano una minuscola frazione di quello che guadagniamo noi”.

Giusto quindi alzare le tasse ai ricchi in America. Meno giusto, perlomeno improprio, trasferire di forza l’esempio americano a quello italiano: più tasse e così sia, oppure riproporre il refrain “pagare le tasse è bello”. Saranno un manipolo esecrabile anche i nostri di milionari, ma da noi alzare le tasse ha raggiunto un tetto naturale fisiologico: la contribuzione reale arriva a più del 50% per tutti i cittadini. L’aliquota massima, il 43%, si applica già dai redditi superiori ai 75 mila euro, quelli che Buffett chiamerebbe “le persone che guadagnano una minuscola porzione di quello che guadagniamo noi”.