Quasi pronti per la fusione nucleare. Romanelli: “Entro il 2026 sarà prodotta energia come nelle stelle”

Pubblicato il 24 Settembre 2010 - 13:59 OLTRE 6 MESI FA

JET - Sezione del toro

Entro il 2026 i processi di fusioni nucleare, tipici delle reazioni di combustione delle stelle come il nostro Sole, saranno impiegati per la produzione di energia in reattori nucleari. Questo è quanto sostiene Francesco Romanelli, direttore dell’European Fusion Development Agreement (EFDA), un programma della comunità europea che coordina i laboratori impegnati negli studi sulla fusione nucleare di tutta l’Europa.

Romanelli dirige inoltre il Joint European Tokamak (JET) di Culham, Inghilterra, la più grande macchina per gli esperimenti sulla fusione, ed in questi giorni è intervenuto a Frascati Scienza, il festival che ogni anno a fine Settembre apre le porte dei laboratori nazionali d internazionali al pubblico e che prevede un fitto programma di mostre, conferenze e visite guidate nei laboratori situati nel sud di Roma.

Il progetto per la fusione consiste nella costruzione di un grande reattore, ITER, già cominciata a Cadarache in Francia, e che coinvolge non solo l’Europa, ma anche Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone e Corea del Sud. Sebbene i costi siano lievitati da 5 a 10 miliardi di euro, di cui si è fatta carico per metà l’Europa, ed il progetto abbia subito un rallentamento, Romanelli appare fiducioso: “Ce la stiamo mettendo tutta per accelerare i nostri programmi e consegnare al mondo entro una decina di anni ITER, il reattore che dovrà dimostrare la fattibilità scientifica della fusione nucleare, aprendo la strada ad altri impianti che sfrutteranno la stessa tecnologia per produrre energia elettrica da immettere nella rete”.

La fusione nucleare sfrutta l’energia che si libera quando i nuclei atomici di elementi leggere come il deuterio ed il trizio, i più comuni isotopi dell’idrogeno, che fondono se sottoposti ad elevatissime temperature. La convenienza del processo a livello ambientale consiste nel fatto che le scorie prodotte non produce rifiuti radioattivi di lunghissima vita, dell’ordine delle decine di migliaia di anni, come nel caso dei prodotti della fissione nucleare, processo sfruttato negli odierni reattori.

Il principio alla base di ITER è il “confinamento magnetico” del plasma, un gas ionizzato che va tenuto ad altissime temperature, circa 100 milioni di gradi, che deve essere contenuto in delle camere dalla forma toroidale, cioè simili ad una ciambella, dal diametro di circa 6 metri. Dato che nessun metallo conosciuto è in grado di sopportare tali temperature, il plasma deve essere tenuto sospeso da un campo magnetico intenso, in modo che il contatto tra plasma e contenitore sia minimo.

Romanelli ha riassunto i risultati finora riportati: “Il reattore ITER dovrebbe essere completato entro il 2019, quindi iniziare a funzionare, per alcuni anni, con il solo idrogeno, però senza produrre energia di fusione. Nel 2026 sarà introdotta la più efficiente miscela di deuterio-trizio e, l’anno dopo, dovrebbe essere raggiunto il fondamentale traguardo di ottenere 500 megawatt di potenza, cioè dieci volte più energia di quella impiegata per sostenere il processo di fusione che si auto sostiene. Ma non è finita. Il passaggio da ITER a reattori dimostrativi in grado di fornire elettricità, che saranno realizzati parallelamente in diversi Paesi, potrà avvenire rapidamente se la ricerca su ITER avrà, come crediamo, successo e si investiranno sufficienti risorse nello sviluppo dei materiali per il reattore”.

Ed ha aggiunto: “Sono fiducioso che, poco dopo la metà del nostro secolo, la prospettiva dell’energia da fusione diventerà percorribile, naturalmente se i governi continueranno a sostenerci con convinzione. Basti pensare che il mercato europeo dell’energia assorbe oggi 700 miliardi di euro all’anno. Mentre alla ricerca energetica, di qualunque tipo, vengono destinati solo 2 miliardi di euro all’anno. Una cifra ben modesta se si considera l’importanza strategica del settore”.

Intanto presso la macchina JET e presso i laboratori ENEA di Frascati si stanno eseguendo degli esperimenti di “accompagnamento”, che impiegano materiali di berillio-tungsteno per il contenimento del plasma, e verificano la resistenza di tali materiali a disposizione nella costruzione dei tokamak, ovvero dei reattori toroidali, al fine di utilizzare per ITER, che costituisce un grosso investimento sia a livello economico che per il nostro futuro,  i migliori materiali e le migliori tecnologie sviluppate.