Il Giappone torna al nucleare: di nuovo in funzione il reattore n.3 di Oi

Pubblicato il 5 Luglio 2012 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA
Centrale di Oi di nuovo in funzione     (Foto Lapresse)

TOKYO – A circa un anno e mezzo dall’incidente di Fukushima, il Giappone torna al nucleare. Affievoliti i timori e in linea con una ripresa su scala internazionale dei piani di sviluppo dell’energia atomica, Tokyo ha già riavviato la produzione. Il reattore n.3 della centrale di Oi, nella prefettura occidentale di Fukui, ha ripreso a produrre elettricità, con il 5% del suo potenziale. A renderlo noto è stato lo stesso gestore dell’impianto, Kansai Electtric Power (Kepco), che ha fornito gli aggiornamenti sull’unità ripartita a inizio luglio, la prima dal disastro di Fukushima del 2011.

Kepco, la seconda più grande del Giappone, ha spiegato che la produzione di energia del reattore di 1.180 megawatt si è portata al 5% della capacità alle ore 7 locali (mezzanotte in Italia), in linea con le previsioni e a distanza di quattro giorni dalla riaccensione. Il raggiungimento del pieno regime, in assenza di imprevisti, è atteso intorno al 9-10 luglio, mentre il reattore n.4 da 1.180 megawatt, sempre nella stessa struttura, dovrebbe riprendere le operazioni il 18-20 luglio e raggiungere la piena capacità di generazione verso fine mese.

Il riavvio dei 2 reattori contribuirà a scongiurare i rischi di blackout estivo nella ricca area del Kansai (quella di Osaka e Kyodo) e a ridurre l’import di combustibili fossili, legato al crollo della potenza generata a causa della chiusura dei 50 reattori nipponici (46.148 megawatt totali) per i timori sulla sicurezza e a favore degli impianti termici alimentati a olio combustibile e gas.

Prima dell’emergenza di Fukushima, la più grave crisi nucleare da Cernobyl, il Giappone ricavava dall’atomo a uso civile il 30% del suo fabbisogno elettrico, posizionandosi al terzo posto tra i player mondiali, dopo Usa e Francia. Anche in Europa, negli ultimi giorni, sono arrivati segnali di rilancio dell’energia atomica, che trovano un freno più nelle complessità del finanziamento dei nuovi progetti che nelle preoccupazioni sulla sicurezza, che avevano indotto alla rinuncia, progressiva o preventiva, in Germania, Italia, Svizzera e Belgio.