Nucleare: lo stop del governo, niente centrali, niente norme, niente referendum

Pubblicato il 19 Aprile 2011 - 13:46 OLTRE 6 MESI FA

Il Ministro Giulio Tremonti (Foto Lapresse)

ROMA – Niente nucleare, niente norme, niente centrali, niente referendum. Il governo ha deciso di soprassedere sul programma nucleare ed ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge omnibus, all’esame dell’aula del Senato, l’abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di impianti nucleari nel Paese.

La scelta era stata in qualche modo anticipata da una serie di uscite del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, molto critiche nei confronti dell’opportunità di massicci investimenti sul nucleare. Dichiarazioni culminate nella giornata di martedì con l’intervento davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo.

Tremonti in quella sede ha sostenuto l’opportunità di finanziare lo sviluppo delle energie alternative nel quadro di investimenti pubblici di interesse collettivo. “Questa fase – ha detto Tremonti – va utilizzata anche per sostenere investimenti pubblici destinati a operazioni di interesse collettivo. Il finanziamento delle energie alternative risponde a questa esigenza”.

Proseguendo nel suo discorso Tremonti in pratica chiudeva la porta al nucleare, dopo che già la Germania si era espressa per l’uscita nel più breve tempo possibile dal programma atomico. Il disastro della centrale giapponese di Fukushima non è “riducibile alla banalità di un incidente tecnico”, ma assume una dimensione “molto più rilevante in cifra storica” sottolinea il ministro dell’Economia.

“Per la crisi dopo la catastrofe di Fukushima”, ha aggiunto il ministro, “le formule contenute nel trattato europeo non sono sufficienti e gli interventi anche di precauzione non mi sembrano sufficienti”. Secondo Tremonti oggi sul nucleare va fatta “una riflessione economica e non solo tecnica”, rilanciando l’idea di calcolare i costi futuri che deriveranno dallo smantellamento delle vecchie centrali nucleari e la loro messa in sicurezza, per avere un’idea più chiara dell’impatto sulle casse dello Stato.

La scelta di cassare del tutto le ambizioni nucleari sarebbe stata dettata a palazzo Chigi da allarmanti indicazioni sulla possibilità che il referendum, anche sulla scia dell’allarme per la catastrofe giapponese raggiungesse il quorum necessario per la sua validità. Per questo motivo la decisione del governo è stata accolta con un certo fastidio dai comitati promotori e dalle forze politiche che più di tutte si erano impegnate per la loro realizzazione, Idv in testa.

La scomparsa del quesito sul nucleare rischia infatti di produrre una smobilitazione in grado di mettere a repentaglio l’ottenimento del quorum, con il conseguente fallimento della battaglia contro la privatizzazione dell’acqua e contro la norma sul legittimo impedimento che rischiava di trasformarsi, in caso di successo, un un plebiscito contro Silvio Berlusconi.

L’Italia era da tempo in pausa di riflessione, anche se non si poteva fare diversamente vista la tendenza europea a chiudere le centrali e a puntare sulle rinnovabili. Una scelta già presa dalla Germania e che adesso è stata adottata anche dall’Italia. Si attende la Francia e gli stress test importi dalla Ue.