Svolta della Germania, il governo decide di tornare al nucleare

Pubblicato il 25 Gennaio 2010 - 21:09 OLTRE 6 MESI FA

La Germania riabilita il nucleare e lo fa sottovoce. La prima potenza europea, il paese che era stato anche il primo tra i big del Vecchio continente a decidere l’addio all’uso civile dell’energia atomica, ci ripensa. Dopo negoziati con i produttori di energia, il governo Merkel ha deciso – scrive oggi l’autorevole quotidiano conservatore Die Welt, molto vicino all’esecutivo – che per il momento tutti i 17 reattori nucleari resteranno in esercizio.

Addio dunque all’addio al nucleare, che era stato deciso dal governo ‘rossoverde (socialdemocrazia ed ecologisti) al potere tra il 1998 e il 2005 con il cancelliere Gerhard Schroeder e il suo vice Joschka Fischer. Le decisioni finali, Berlino le prenderà in autunno. Presentando un paper strategico sulle scelte di fondo della politica energetica del paese. Ma comunque il documento, sempre in base al resoconto di Die Welt, porrà condizioni per un sostanziale prolungamento del ciclo produttivo dei reattori in servizio.

Intanto due grossi reattori che avrebbero dovuto essere spenti ad aprile e a maggio resteranno accesi, e il segnale è chiarissimo, inequivocabile. E’ una sconfitta decisiva per gli avversari dell’uso civile dell’energia nucleare, e una vittoria sia per i grossi produttori di energia in Germania (Eon, Rwe, Vattenfall, EnBW) sia per i colossi industriali, Siemens prima fra tutti, che nella produzione, fornitura ed esportazione di centrali nucleari della nuova generazione hanno un punto di forza della loro strategia di global player.

Il governo federale non si è messo comunque sulla strada del nucleare senza riserve scelta ad esempio da Regno Unito, Francia, Russia, Cina, India o Brasile, che programmano la costruzione di decine di nuovi reattori. Per l’esecutivo di Berlino l’energia nucleare resta una ‘soluzione-ponte’. Ma il ponte si allunga nel tempo a venire, in sostanza: è necessario molto più tempo di uso dei 17 reattori in esercizio, finché le energie rinnovabili ed ecologiche non saranno in grado di fornire significativamente più del 20 per cento del fabbisogno energetico nazionale.

Attualmente, i 17 reattori ancora in servizio producono circa un terzo del fabbisogno energetico della prima potenza economica europea. Una percentuale non trascurabile, anche se ben lontana dall’80 per cento della Francia. Per varare la soluzione provvisoria, il primo passo dell’addio all’addio al nucleare, il governo ha escogitato uno stratagemma. Nella legge sull’addio al nucleare del governo rossoverde infatti erano previste non solo date per la chiusura scaglionata degli impianti (l’ultimo, Neckarwestersheim 2, dovrebbe essere spento nel 2022) bensì anche quantità ‘residuè di produzione di energia, distribuite tra i vari reattori a seconda della loro data prevista di spegnimento.

La quantità di produzione di energia restante, assegnata a suo tempo alla centrale di Stade già spenta, sarà distribuita come quantità di produzione supplementare assegnata ai due reattori ancora accesi di Biblis A e Neckarwestersheim 1. I quali avrebbero dovuto chiudere rispettivamente in aprile e maggio di quest’anno. Adesso hanno molti più mesi di vita, col compito di produzione supplementare. Una soluzione provvisoria, ma il segnale politico è chiaro, sullo sfondo mondiale di una riabilitazione e riscoperta del nucleare.