Era un film, diventa realtà: i ragazzi della scuola di Catanzaro colgono “L’Attimo fuggente”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 24 Febbraio 2011 - 15:27 OLTRE 6 MESI FA

CATANZARO – C’è una scuola, e nella scuola c’è una classe dove una ventina di ragazzi tredicenni hanno preso coraggio e coscienza e si sono uniti per ribellarsi a quella che ai loro occhi sembrava un’ingiustizia, e lo era. C’era in ballo una gita scolastica e, quando la preside ha chiesto ai ragazzi di dire una bugia ad un loro compagno down per nascondergli che sarebbero andati in gita, in modo da poterlo lasciare a casa perché lui fuori scuola combina troppi guai, prima uno e poi gli altri si sono alzati in piedi per dire: “Se non viene lui non veniamo neanche noi”. Hanno preso coscienza, hanno sfidato l’autorità dei loro insegnanti anche a costo di rinunciare ad un loro diritto e ad un loro divertimento. Non è successo nel Vermont, i ragazzi non hanno difeso il loro professore di lettere al grido di “capitano o mio capitano” come nel film “L’attimo fuggente” quando salgono sui banchi a rendergli onore, omaggio e a diventare anche loro in quel momento adulti. E’ successo a Catanzaro,  i ragazzi hanno difeso un compagno di classe che veniva discriminato perché down. “E’ una gita di formazione, tanto lui che  capisce..” sembra sia stata la frase sfuggita alla preside. Forse, se è stata davvero pronunciata, è stata la frase per cui quei tredicenni sono anche loro “saliti sui banchi”.

E’ Ida Mendicino, responsabile del coordinamento regionale per l’integrazione, a raccontare la vicenda: “In un primo momento la dirigente della scuola si era rifiutata di far partecipare lo studente alla gita”. I genitori hanno interessato del fatto la Polizia perché c’è una norma che riconosce le gite scolastiche come “un’opportunità fondamentale per la promozione dello sviluppo relazionale e formativo di ciascun alunno”. E anche per “l’attuazione del processo di integrazione scolastica dello studente diversamente abile, nel pieno esercizio del diritto allo studio”. Nonostante la normativa però la dirigente continua ad opporsi. Prosegue Mendicino: “La dirigente ha espresso ai docenti l’intenzione di non autorizzare in futuro alcuna uscita dello studente affetto da sindrome di Down. Ha anche chiesto ai compagni di classe di non portare a conoscenza del ragazzo le date delle gite in programmazione”. Con quale motivazione? La “Scarsa capacità dello stesso ad apprendere a causa della sua infermità genetica”. L’invito è stato immediatamente declinato dai compagni, ragazzi di terza media, 13 anni quindi, che hanno dichiarato che avrebbero preferito rinunciare “tutti alle gite, pur di non veder discriminato il loro compagno”.

Tutto ha inizio qualche tempo fa quando la classe di Andrea (il nome è di fantasia) va in visita ad un istituto alberghiero ad una trentina di chilometri da Catanzaro. Nonostante la legge preveda che ci sia sempre un insegnante di sostegno ad accompagnare gli studenti “diversi” quando questi escono dall’edificio della scuola per qualsivoglia motivo inerente allo studio, Andrea quel giorno è solo. Dai racconti pare che per lui non sia stata una giornata facile, nervoso, irascibile, avrebbe rotto qualche piatto o bicchiere. Da qui sarebbe poi nata la decisone del dirigente scolastico di impedire ad Andrea future uscite con i compagni. Decisione discutibile, oltre che illegale. Di fronte poi alle proteste dei genitori di Andrea la dirigente, vista l’impossibilità di lasciare a casa il ragazzo nei giorni di gita, ha chiesto ai suoi studenti di mentire, di non dire ad Andrea quando c’è una gita in programma. Così facendo, avrà pensato “l’educatrice”, Andrea non parlerà ai genitori di nessuna gita, loro sulla base della legge non mi obbligheranno a portarlo, ergo problema risolto. Non si aspettava certo che a rovinare i suoi piani potessero intervenire dei ragazzini, magari in cuor suo avrà temuto che qualche insegnante si opponesse , invece sono stati proprio i tredicenni a dare una lezione di vita.

“Racconto volentieri l’episodio – dice la Mendicino – in quanto segnale importante di cambiamento in una generazione spesso tacciata di eccesso di individualismo e di scarso senso di solidarietà. Un plauso ai ragazzi dell’istituto comprensivo di Catanzaro che si sono dimostrati vera speranza di maturazione del tessuto sociale rispetto agli esempi che spesso provengono dal mondo dei grandi”. “La voce del cuore”, la definisce Gramellini su La Stampa, “voce che parla a tutti, a tutte le latitudini, a tutte le età. Dal Veneto alla Calabria, in una scuola di Catanzaro dove la preside impugna il regolamento come un batacchio e vieta a uno studente disabile di partecipare alla gita di classe. Ordina addirittura ai suoi compagni di tacergli la data del viaggio. Ma uno di loro sente la voce pulsare dentro di sé e risponde alla preside: se lui non può andare in gita, allora non ci vado nemmeno io. Uno dopo l’altro, i compagni gli fanno eco: nemmeno io, nemmeno io, nemmeno io”. O capitano, mio capitano.