I “furbetti” del Terzo settore. Palestre, ristoranti e agenzie di viaggio “no-profit” evadono oltre 2 miliardi l’anno

Pubblicato il 2 Luglio 2010 - 10:25 OLTRE 6 MESI FA

Palestre, bar, ristoranti, addirittura agenzie di viaggio e discoteche. Sono solo alcuni delle 235 “unità istituzionali” che fanno capo al mondo del no-profit italiano. In realtà, come illustra un’inchiesta di Davide Carlucci su la Repubblica, moltissime sono attività imprenditoriali che, mascherate da associazioni “sociali” senza scopo di lucro, vogliono solo evitare di pagare le tasse. Da qualche mese Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate stanno facendo dei controlli nel Terzo Settore, per capire effettivamente a quanto ammonta il “nero” prodotto. E i risultati sono sorprendenti.

I controlli. Per stanare i “furbetti del non-profit”, l’Agenzia delle Entrate ha inviato a tutte le organizzazioni (associazioni sportive dilettantistiche, culturali, di promozione sociali, organizzazioni di volontariato, pro loco) dei modelli da compilare, gli Eas, in cui va specificata la ragione sociale dell’azienda e il ruolo dell’attività commerciale: se è solo marginale e funzionale agli scopi associativi dell’ente o è prevalente.

Gli evasori. Ad oggi i controlli hanno riguardato circa 200 società e dai primi accertamenti è emersa un’evasione, in particolare da parte di bar, ristoranti e palestre, che oscilla fra i 50mila e i 70mila euro, con punte di 100mila.

Le stime. Facendo una media tra le associazioni che dichiarano tutte le entrate e quelle che evadono, almeno in parte, i pagamenti al fisco, si può ipotizzare che mediamente ogni ente sottragga al fisco tra i 5 e i 10mila euro. Cifra che va moltiplicata per i duecentomila enti non-profit presenti nel territorio italiano: il “nero” prodotto dal privato sociale può essere stimato, forse per difetto, in 1-2 miliardi di euro, pari al 5-10% delle risorse mosse dall’economia sociale secondo il rapporto Cnel-Istat del 2008 (23 miliardi di euro).

Società sportive, fitness e palestre. Le Fiamme gialle, nell’ambito del “progetto Ercole”, hanno controllato un campione di 62 società sportive dilettantistiche: solo 5 sono risultate il regola. Ben il 92%, invece, hanno commesso qualche illecito mentre sette (il 15%) sono evasori totali.
Un centro fitness di Bovisio Masciago, in provincia di Milano, in cinque anni ha sottratto al fisco ben 5 milioni di euro. Una palestra di Correggio, in provincia di Reggio Emilia, ha truffato oltre un milione di euro.

Movida, sicurezza e agenzie viaggi. Tempo libero e intrattenimento sono uno dei settori preferiti dalle finte associazioni no-profit. “Noi abbiamo denunciato, negli ultimi anni, 700 discoteche e locali abusivi – racconta Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento – e spesso le irregolarità sono state riscontrate”. Ma le associazioni abusive le finte associazioni continuano a nascere, mettendo in pericolo non solo la sopravvivenza del settore ma anche la sicurezza. A Milano, grazie al lavoro della Procura, con vigili del fuoco, polizia e Asl, sono stati chiusi nove circoli privati.

A traballare, a causa della concorrenza sleale, è anche il turismo. “Associazioni, cral, parrocchie, circoli sportivi e ricreativi – spiega Andrea Giannetta, di Assotravel – organizzano viaggi, gite o soggiorni senza regolare licenza di agenzia di viaggi”.

Come fare. Un buon commercialista è indispensabile per mascherare, ad esempio, un ristorante da associazione enogastronomica e culturale. Basta scrivere nello statuto che l’associazione “si prefigge lo scopo di valorizzare la cultura del mangiare e del bere del territorio” e si evitano non solo le grane ma anche i costi che incombono sulle società. Le associazioni del Terzo settore infatti non hanno l’obbligo d’iscrizione alla camera di commercio (che comporta il pagamento di una tassa di 200 euro all’anno),  non devono pagare l’Irap, l’imposta sull’attività produttiva, e neanche pagheremo l’Ires, l’imposta sul reddito delle società.

Gli obblighi. Restando al di sotto del limite dei 250mila euro all’anno “si può usufruire del regime agevolativo della legge 398 del 1991”, per cui “il reddito imponibile viene determinato forfettariamente in ragione del 2% del volume dei ricavi”. L’associazione però deve dimostrare di rispettare regole democratiche e convocare almeno una volta all’anno i soci per discutere il rendiconto. Altro divieto a cui devono sottostare le associazioni è quello della distribuzione degli utili, anche se “nulla toglie che alcuni soci possano percepire un compenso per determinate prestazioni svolte”.