L’editoriale di Sallusti il giorno dopo: “In Italia mancano palle, non gli euro”

Pubblicato il 27 Settembre 2012 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Giornale di giovedì 27 settembre è senza direttore. Alessandro Sallusti, il giorno dopo la sentenza che conferma la sua condanna a 14 mesi di carcere per diffamazione aggravata, si dimette e scrive la sua rabbia sotto “il titolo più semplice della sua vita”: “Sallusti va in galera” e poi la rabbia della seconda riga “I delinquenti fuori”.

L’ultimo editoriale del direttore è amaro: “In Italia più che gli euro mancano le palle – scrive – per questo non voglio concedere nessuna via d’uscita a chi ha partecipato a questa porcata”.

Punta il dito contro tutti quelli che hanno contribuito alla “sentenza più illiberale dell’Occidente”. Primo, il giudice che l’ha querelato, col quale non ha voluto trattare per la sua libertà in cambio di pochi euro. “Una prassi squallida e umiliante più per lui, custode di giustizia, che per me”.

Lo ha fatto per principio e per lo stesso motivo non intende accettare la pena alternativa e un programma di rieducazione “perché sono certo che mio padre e mia madre, gli unici titolati ad educarmi, abbiano fatto un lavoro più che discreto”.

Non vuole nemmeno la grazia da Giorgio Napolitano perché “nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi”.

Parole amare anche per il premier Mario Monti “accademico di quella Bocconi che dovrebbe essere tempio e fucina delle libertà, che si trova al collo, complice il suo sostanziale silenzio e il suo immobilismo sul caso”.

E per il ministro della giustizia, Paola Severino, “definita da tutti come la più illuminata tra gli avvocati illuminati,dovra’ ora chiedersi se per caso non e’ colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama”.

Infine Sallusti annuncia di voler rinunciare anche alla scorta che da due anni lo protegge “da concrete e reiterate minacce”. “Non posso accettare – conclude – che una parte dello Stato, il ministero degli Interni, spenda soldi pubblici per tutelare una persona che un’altra parte dello Stato, la magistratura, considera in sentenza definitiva soggetto socialmente pericoloso”.