“Bangla tour”, l’inchiesta di Repubblica: “Così l’ultradestra va a caccia di immigrati a Roma”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Novembre 2013 - 12:48 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Bangla tour”, lo chiamano così, lo definiscono un gioco, un hobby, un passatempo: “Dai andiamoci a fare un bengalino”. E’ la nuova moda tra gli adolescenti di estrema destra a Roma,  partire in squadre, al grido di “Camerata della destra romana, azione” per poi massacrare, senza motivo, uno straniero. Federica Angeli e Giuseppe Scarpa di Repubblica hanno mappato la nuova moda, nata davanti alle sedi romane di Forza Nuova.

Pestaggi e raid squadristi, è il “Bangla tour” “Così l’ultradestra va a caccia di immigrati”

Pestaggi e raid squadristi, è il “Bangla tour” “Così l’ultradestra va a caccia di immigrati”

Ecco l’articolo di Repubblica:

E’ da lì che le baby squadre partono «per sconfiggere il nemico », ovvero lo straniero, ovvero in bengalese, soggetto che, a dire dei sedicenni patecipanti, è perfetto per le spedizioni punitive. Perfetto perché non reagisce e non denuncia. Perfetto perché incarna l’immigrato debole su cui si può infierire senza timore di essere perseguiti.
Quindi, con l’adrenalina a mille, si lascia la sede di Forza Nuova tappezzata da bandiere con croci celtiche e da poster inneggianti il Duce, si sale tutti insieme in una macchina, dove l’unico maggiorenne è colui che guida, si scegli il quartiere dove andare a fare il raid – Torpignattara, Casilino, Prenestino, Acqua Bullicante, zone dove la comunità del Bangladesh ha la sua più alta concentrazione – e unavolta individuato il soggetto, si passa all’azione. Un pestaggio “terapeutico” e “ideologico”. Un massacro che «ti scarica i nervi e la tensione» e che racchiude un credo, quello di combattere l’immigrazione.
«Noi siamo camerata e combattiamo l’immigrazione clandestina », non hanno neanche tentato di giustificarsi i due giovani che sono stati fermati dalla polizia dopo il colpo. Quel“Bangla Tour” per cui sono stati arrestati e processati un diciannovenne e un sedicenne iniziò una notte di maggio. Non era il primo e forse non sarebbe stato l’ultimo se uno dei due “camerata” non avesse smarrito, dopo il pestaggio di un minorenne del Bangladesh finito in ospedale col labbro e il sopracciglio spaccati, il proprio cellulare. La notte del 18 maggio infatti in via Oddi una testimo-ne vide tutto dal suo balcone: i ragazzi che chiesero d’accendere al bengalese, lui che cercò l’accendino nella tasca e i due che lo scaraventarono a terra picchiandolo a sangue e con una violenza inaudita. Il minorenne massacrato, pensando a un pestaggio a scopo di rapina anche se mentre le prendeva di santa ragione venne insultato per il colore della sua pelle, tirò fuori il suo cellulare mentre tentava di ripararsi dai colpi e lo consegnò. Ennesimo segno di una resa incondizionata. I due lo presero, per poi gettarlo nel primo cassonetto. Non era un bottino quello che volevano. Era picchiare il “bengalino” il loro scopo. Peccato però che nella fuga persero il loro cellulare che fu ritrovato appunto dalla polizia, avvertita dalla testimone.
Rintracciati nel quartiere i ragazzi coi vestiti sporchi di sangue furono portati in commissariato. «Dietro queste spedizioni punitive – ha dichiarato l’avvocato Massimiliano Scaringella, difensore del sedicenne romano – a mio avviso c’è un vero e proprio indottrinamento. Il mio assistito rispondeva alle mie domande come un invasato. Picchiare i bengalesi per lui non era solo un modo per divertirsi, mi spiegò, ma era unavera e propria crociata, una battaglia che doveva combattere a tutti i costi. Qualcuno, più grande di lui, lo aveva attirato a frequentare la sede di Forza Nuova e l’idea che mi sono fatto è che il Bangla Tour fosse una sorta di iniziazione per essere accettato nel gruppo. Ma su di lui, sono certo, c’è stato un vero e proprio lavaggio del cervello. Ritengo sia una vittima inconsapevole di un sistema che tende comunque ad approfittarsi dei più deboli. Ora il ragazzo, grazie all’affetto e all’impegno della famiglia, sta uscendo, con fatica,dall’incubo in cui era finito».
La caccia al bengalese per il sedicenne arrestato è finita con un percorso di riabilitazione psicologica. Per gli altri continua al grido di «camerata, azione ». Come nella brutta copia di una pellicola già vista che, ciclicamente, torna in voga, con buona pace di chi, per paura e per debolezza, non sporge mai denuncia.
L’intervista di Repubblica a Andrea, 18 anni, arrestato per aver preso a calci e pugni un coetaneo del Bangladesh il 18 maggio scorso in via Muzio Oddi:
Andrea, può spiegarci cos’è il Bangla tour?
“Il Bangla tour è quando finisci una serata con gli amici “facendoti un bengalino”, nel senso che ne sceglievamo uno e lo pestavamo”.

Come organizzavate questi giri?
“In macchina con qualche amico, sul momento”.

Perché proprio i bengalesi?
“Sono tranquilli, prendono le botte e non rompono”.

Perché lo faceva?
“Per divertimento e per scoraggiare gli stranieri a venire in Italia”.

C’era un’ideologia dunque che la spingeva a fare questo?
“Ci rifacevamo ad ideologie di estrema destra”.

Cosa la attrae, o la attraeva, dell’ideologia di destra?
“È l’unica forza politica che mi dava fiducia in quel momento, perché si rifaceva ai valori della tradizione”.

È pentito di aver picchiato suoi coetanei colpevoli solo di essere stranieri?
“Perché dovrei? Era un credo”.

Qualcuno di Forza Nuova vi ha mai detto che era giusto picchiare uno straniero?
“No, ho maturato io questa convinzione”.