Buco nero nella galassia Andromeda: svelato mistero della sorgente X

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 13 Dicembre 2012 - 11:36 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un buco nero nella galassia Andromeda ha “mangiato” la sua stella compagna. Svelato così il “mistero” della luminosissima sorgente X osservata dal satellite XMM-Newton dell’Esa nel gennaio 2011. Lo ipotizza uno studio pubblicato su Nature da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui gli italiani dell’Inaf Massimo Della Valle, direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, e Marina Orio dell’Osservatorio di Padova.

La galassia Andromeda è la più grande del “gruppo locale” di galassie di cui fanno parte anche la nostra Via Lattea e le Nubi di Magellano. L’osservazione di emissione di raggi X, spiega Della Valle, tende a “ridimensionare il ruolo dei buchi neri di massa intermedia se non addirittura ad escludere la loro esistenza”.

BUCHI NERI INTERMEDI: ESISTONO? – Il viaggio verso la nuova scoperta su Andromeda inizia quando XMM-Newton osserva una potente emissione luminosa durata circa 6 mesi da una sorgente X, radiazione simile a quella delle sorgenti ultra luminose X, ULX. L’osservazione ha scatenato il dibattito tra gli astronomi, che hanno ipotizzato come la sorgente luminosissima potesse essere un buco nero stellare, la cui massa è 10 volte più piccola di quella del nostro Sole, o un buco nero di massa intermedia, cioè tra le 1o0 e le 1000 masse solari.

La scoperta mette in dubbio l’esistenza dei buchi neri intermedi, spiega Della Valle: “Le nostre osservazioni supportano il primo scenario e tendono a ridimensionare il ruolo dei buchi neri di massa intermedia se non addirittura ad escludere la loro esistenza. Questi oggetti saranno i “banchi di prova” ideali per studiare l’accrescimento vicino al limite di Eddington, che è ben lungi dall’essere compreso”.

LIMITE DI EDDINGTON – I buchi neri presentano dei “dischi di accrescimento” in cui la materia viene attratta dal forte campo gravitazione e inghiottita . Quando il buco nero inghiotte la materia circostante libera delle radiazioni, generando luminosità intense come la sorgente osservata in Andromeda. Esiste però un limite massimo per la luminosità emessa da questi oggetti, cioè il limite di Eddington, che viene raggiunto con “facilità” dai buchi neri.

OSSERVARE ANDROMEDA: PERCHE’?Andromeda è stata scelta per l’osservazione e lo studio di questo fenomeno per la sua “vicinanza”. La galassia dista “appena” 2.5 milioni di anni luce, cioè la distanza percorsa in 1 anno dalla luce che viaggia a 300mila chilometri al secondo, e questa vicinanza permette lo studio di interi sistemi di popolazioni stellari in diverse lunghezze d’onda: dalla banda X a quella radio.

Marina Orio spiega: “La relativa vicinanza di Andromeda, a soli due milioni e mezzo di anni luce di distanza, offre un’occasione unica di studiare un intero sistema di popolazioni stellari a diverse lunghezze d’onda. Abbiamo iniziato questo programma con il principale obiettivo di seguire, nella banda X, le esplosioni di stelle novae, cioè di stelle binarie formate da una nana bianca e una stella, di norma più piccola del Sole, che viene “cannibalizzata” poco alla volta. In particolare seguiamo le fasi immediatamente successive all’outburst, spesso caratterizzate da un’emissione X “soft” (meno di 10keV) dovuta al bruciamento residuo dello strato di idrogeno trasferito dalla stella di piccolo massa alla nana bianca”.

SCOPRIRE L’UNIVERSO – La sorgente X osservata dunque offre agli astronomi la possibilità non solo di studiare il limite di Eddington, ma anche di conoscere i segreti dell’universo in giovane età e della formazione di oggetti quali quasarQueste le aspettative dei ricercatori, come ha spiegato Matt Middleton del Dipartimento di Fisica dell’Università di Durham: “Se comprendiamo appieno questo fenomeno (limite di eddington, ndr) sarà possibile capire come alcuni dei primi oggetti formatisi nell’universo, circa 13 miliardi di anni fa immediatamente dopo il Big Bang, come i quasars abbiano potuto accrescere materia tanto rapidamente, per poi ridistribuirla nell’universo “giovane”. Materia dalla quale si sono successivamente formate stelle e galassie“.
(Credit: Esa)