Chavez è morto: Venezuela in lutto, le lacrime dei sostenitori. 8 marzo funerali

Pubblicato il 6 Marzo 2013 - 12:16 OLTRE 6 MESI FA

CARACAS, 6 MAR – Hugo Chavez è morto. Ad annunciarlo da Caracas è stato dopo settimane di incertezze e tensioni, il vicepresidente venezuelano e delfino designato del leader ‘bolivariano’, Nicolas Maduro, in un intervento tv a reti unificate punteggiato di lacrime e di orgogliosi richiami all’eredità dello scomparso.

Il ministro degli Esteri Elias Jaua, ha dichiarato che i funerali si svolgeranno venerdì 8 marzo. Il ministro ha aggiunto che il Venezuela rispetterà sette giorni di lutto dopo la morte del presidente. Le scuole rimarranno chiuse tre giorni.

Il decesso del presidente, che aveva 58 anni, è avvenuto nel pomeriggio del 5 marzo, alle 16,25 ora locale, ha precisato Maduro. ”Per la nostra patria questa è un momento di profondo dolore”, ha aggiunto, interrompendosi a tratti fra i singhiozzi, parlando di ”una tragedia storica” per il Venezuela, ma rivendicando anche ”l’eredità, il progetto e le bandiere” di Chavez.

”Chi muore per la vita non può essere considerato morto”, ha sottolineato, invitando ”il popolo” a scendere in piazza per onorare il defunto dinanzi all’ospedale militare e riservandosi di rendere noti nelle prossime ore ”tutti i programmi per rendere omaggio al nostro comandante”. Poi l’avvertimento agli oppositori, affidato al ministro della Difesa, Diego Molero: ”Le forze armare bolivariane sono dispiegate in tutto il Paese” per garantire l’ordine, ha detto, assicurando ”il rispetto delle Costituzione” e invocando al contempo ”la concordia” nazionale.

”Che viva Chavez!”, ha concluso infine Maduro, che poche ore prima aveva preso la parola in un lungo intervento in tv, dinanzi ai vertici del Paese, evocando l’ombra di un presunto complotto nemico (leggi statunitense) dietro la malattia che aveva colpito il ‘comandante’. In quelle ore Caracas aveva ammesso che le condizioni di Chavez erano ormai ”molto delicate” a causa di un aggravamento dei problemi respiratori provocati da ”una nuova infezione” respiratoria.

Poi aveva preso la parola Maduro. Il cancro che da più di un anno sta consumando Chavez è opera dei nemici ”imperialisti” del Venezuela, che vogliono ”destabilizzare” il Paese, aveva tuonato. Tali nemici – aveva aggiunto – hanno inoculato la malattia al leader ‘bolivariano’ così come denunciato nel caso dello storico leader palestinese Yasser Arafat. Maduro aveva dunque adombrato una teoria del complotto, lanciando accuse soprattutto contro Washington, la cui secca smentita sarebbe riecheggiata poco più tardi.

Il ‘numero due’ di Caracas aveva quindi condito il suo pesantissimo j’accuse, con l’annuncio dell’espulsione di due funzionari dell’ambasciata americana a Caracas. ”Non abbiamo nessun dubbio” sul fatto che il presidente ”è stato attaccato con questa malattia” da ”nemici che tentavano di eliminarlo”. ”Non abbiamo d’altra parte dubbi sul fatto che arriverà il momento giusto nella storia in cui verrà creata una commissione scientifica che proverà che è stato attaccato con questa malattia”, aveva rincarato davanti non solo agli uomini del governo ma anche dei comandi militari e dei governatori delle regioni in mano al ‘chavismo’.

”Stiamo seguendo le piste degli elementi che configurano questo complotto velenoso”, aveva avvertito, paragonando il destino di Chavez a quello di Arafat e attribuendolo al ”nemico storico della Patria”. Davanti a milioni di venezuelani che si erano sintonizzati di fronte alla tv in attesa di conoscere finalmente la verità sulle condizioni del loro presidente, Maduro era poi tornato ad attribuire la recente svalutazione del bolivar ad ”attacchi speculativi” con cui ”l’oligarchia che cospira con l’imperialismo” sta cercando di ”danneggiare la nostra economia”.

Per garantire ”la protezione economica del nostro popolo”, aveva aggiunto, è necessario che ”l’alto comando rivoluzionario” combatta contro altre iniziative destabilizzanti, come il ”sabotaggio delle reti elettriche” che spiegherebbe i costanti black-out che si registrano in varie zone del Paese. ”Il comando politico e militare della rivoluzione – aveva concluso – è  unito e coeso, e chiama il popolo alla disciplina assoluta, a serrare le fila con il comandante della rivoluzione” contro ”l’imperialismo statunitense” e l’ ”oligarchia dei senza patria”.

Ed oggi 6 marzo, il giorno dopo la morte di Chavez, migliaia di venezuelani sono scesi in strada per piangere l’ex presidente (foto Ap/LaPresse)