Dante era Charlie Hebdo: mise Maometto all’Inferno tra i seminatori di discordia

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Gennaio 2015 - 15:45 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Anche Dante Alighieri era Charlie Hebdo. O meglio, a rigor di logica, i poveri vignettisti francesi sterminati dai fratelli killer Kouachi erano in qualche modo suoi eredi. Prima di loro e di qualunque satira anti-islam, fu il sommo poeta a dissacrare la figura di Maometto.

Il Profeta compare infatti nel XXVIII canto dell’Inferno dantesco insieme a suo cugino Alì, suo genero e successore come Califfo. I due si trovano tra i seminatori di discordia della IX Bolgia. Dante li raffigura come orrendamente mutilati in toni grotteschi e comici.

Secondo quella che era la visione medievale, Maometto è rappresentato come uno scismatico e l’Islam come una eresia. Al Profeta è perciò riservata una pena atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano in modo che le budella gli pendono dalle gambe, immagine che già di per sé basterebbe a far infuriare gli integralisti che due giorni fa lo hanno vendicato a colpi di kalashnikhov nella redazione di Charlie Hebdo.

L’offesa è ancor più evidente se si considera che il corpo squarciato e “storpiato” di Maometto è paragonato ad una botte rotta, oggetto che solitamente è adibito a contenere il vino, alimento bandito dalla tradizione islamica.

Tutto questo perché, secondo Dante, il contrappasso adeguato per i seminatori di discordia era quello di infliggere ai loro corpi le stesse lacerazioni di cui erano stati artefici in vita.

Nelle descrizioni Dante non si esime dall’impiegare termini volgari e immagini raccapriccianti. Al punto che nella traduzione in arabo della Divina Commedia il filologo Hassan Osman ha scelto di omettere i versi considerati un’offesa.

Ma se quella di Dante era una visione arcaica e medievale, obiettano oggi i fautori del politicamente corretto, quella di Charlie Hebdo era invece una tragedia annunciata. Se non fosse che quella vignetta che è costata la vita a 1o matite e 2 poliziotti, raffigurava un Profeta disperato per il tasso di stupidità degli integralisti islamici. E, come ha giustamente osservato Massimo Gramellini sul quotidiano la Stampa,

“L’attacco non era a Maometto, ma a un gruppo di fanatici superstiziosi e ignoranti che in suo nome ammazza le donne che vogliono andare a scuola e i maschi che bevono e fumano.”