Egitto, in fiamme sede Fratelli Musulmani. Piazza contro Morsi: “Non me ne vado”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Giugno 2013 - 20:12| Aggiornato il 1 Luglio 2013 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO – Dopo una giornata di cortei e manifestazioni per chiedere le dimissioni del presidente Mohammed Morsi, la violenza è esplosa al Cairo, dove è stata incendiata la sede dei Fratelli Musulmani: centinaia di manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro il quartier generale. L’esercito egiziano ha lanciato lo stato di massima allerta in tutte le unità e stabilito le operazioni col ministro della Difesa Abdel Fattah el Sissi e il capo di stato maggiore per seguire la situazione e assicurare lo spiegamento il più rapido possibile in caso di crollo della sicurezza.

Oggi, domenica 30 giugno, decine di migliaia di egiziani sono scesi in strada al grido di “Irhal! Irhal!” (Vattene, ndr) per chiedere le dimissioni di Morsi, nel primo anniversario della sua elezione. A migliaia si sono riuniti nella centrale piazza Tahrir, luogo simbolo della rivolta che portò alla destituzione di Hosni Mubarak nel 2011. Ma Morsi assediato al palazzo presidenziale, e intervistato dal quotidiano britannico il Guardian ha ribadito: “Non me ne vado”. A migliaia si sono riversati nelle piazze anche nelle province settentrionali di Alessandria, Mansoura e Port Said.

Organizzata dal movimento popolare Tamarod (ribelle), la manifestazione di domenica rappresenta il culmine di una campagna di opinione che è andata crescendo negli ultimi giorni, con scontri che hanno già causato sette morti.

Intanto i sostenitori di Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, conducono da sabato un sit davanti ad una grande moschea a quattro chilometri dal palazzo presidenizale. Decine di giovani uomini muniti di bastoni, scudi ed elmetti, si sono riuniti in diversi squadroni.

Gehad El-Haddad, portavoce della Fratellanza, ha detto all’agenzia Dpa di sperare che non vi siano violenze, ma ha anche avvertito contro ogni tentativo di assaltare il palazzo presidenziale. “I muri del palazzo presidenziale rappresentano una linea rossa -ha affermato- i nostri comitati e i nostri manifestanti non si muoveranno fino a quando la scena sarà pacifica. Ma se vi sarà un tentativo di colpo di Stato al palazzo presidenziale, con polizia e militari che non reagiranno in maniera adeguata… allora il popolo egiziano si solleverà”.

Gli organizzatori di Tamarod hanno annunciato ieri di aver raccolto 22 milioni di firme per la destituzione di Morsi, otto milioni in più dei voti ottenuti dal presidente al voto dello scorso anno. Migliaia di persone sono scese in piazza contro Morsi anche nelle province settentrionali di Alessandria, Mansoura e Port Said. “Sentiamo di aver raggiunto un’impasse, con il paese che sta crollando. Questo non perché il presidente appartenga alla Fratellanza Musulmana, o perché sia una sola fazione a governare, quanto perché il regime è stato un completo fallimento”, ha sintetizzato la scorsa notte Mohammed el Baradei, uno dei leader dell’opposizione, in un messaggio video diffuso nella notte.

“La gente ha votato per Morsi, ma ora dice di voler tornare alle urne”, ha aggiunto l’ex capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), esortando gli egiziani a scendere in strada per protestare.

Dal canto suo, Morsi si mostra risoluto. “Non me ne vado”, dice al quotidiano britannico Guardian. “Ci possono essere dimostrazioni ma non si può mettere in discussione la legittimità costituzionale di un presidente eletto”.

“Se cambiassimo qualcuno eletto secondo la legittimità costituzionale, ci sarà qualcuno che si opporrà anche al nuovo presidente e una settimana o un mese dopo chiederanno anche a lui di dimettersi”, ha affermato il primo presidente dei Fratelli musulmani. “Ci possono essere manifestazioni e le persone possono esprime la loro opinione ma il punto cruciale è l’applicazione della Costituzione. Questo è il punto cruciale”, ha insistito.

Morsi accusa “i resti dell’ancien regime” per le violenze dei giorni scorsi, che hanno preso di mira sedi della Fratellanza e del suo braccio politico. “Hanno i mezzi, che hanno ottenuto con la corruzione e li usano per pagare teppisti e così scoppia la violenza”. “E’ stato un anno difficile, molto difficile e penso che gli anni a venire lo saranno ancora, ma spero di fare sempre il mio meglio per soddisfare i bisogni del popolo egiziano”, ha concluso il presidente.

(Foto Ap/LaPresse)