Funerali Lea Garofalo, in migliaia a Milano per la vittima della mafia (foto)

di Pierpaolo Lio
Pubblicato il 19 Ottobre 2013 - 21:20 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Il feretro esce da una piazza stracolma. Avanza sulle spalle del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del presidente di Libera, don Luigi Ciotti, di Nando Dalla Chiesa, del direttore de La Stampa, Mario Calabresi, e di due parenti di vittime di mafia. Nell’aria gli applausi, mentre suona l’Ave Maria di De André.

Così, Milano – “città antimafia”, come la definisce il suo primo cittadino – dà l’ultimo saluto a Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa nel novembre 2009 dalla ‘ndrangheta: il suo corpo, che venne bruciato e fatto sparire, è stato ritrovato solo a distanza di anni E’ un funerale commosso, quello che ricorda – a quattro anni dall’uccisione e tre anni dopo la cerimonia senza bara a Petilia Policastro, sua città natale – la donna calabrese che don Ciotti chiama “martire di libertà”.

“Coraggiosa” ma “sola”, come viene più volte dipinta. Tanta gente, bandiere, gonfaloni a lutto, fiori, i segnalibri voluti dalla figlia Denise e le canzoni che amava: da “You are my sister” di Anthony and the Johnsons a “I tuoi occhi sono pieni di sale” di Rino Gaetano, da “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela fino ad “Angeli” di Vasco Rossi. E poi le letture. Come la lettera mai inviata al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in cui descrive la sua disperazione e chiede aiuto. O come quella pagina di diario del 18 agosto 1992.

“Non ho mai avuto affetto e amore da nessuno – scrive – sono nata nella sfortuna e ci morirò. Oggi però ho la speranza per andare avanti e si chiama Denise. Avrà tutto quello che io non mai avuto nella vita”. E sua figlia, anche lei sotto protezione, interviene. La sua voce – da un luogo nascosto – risuona nella piazza di quella città in cui ha voluto si svolgessero i funerali di sua madre. Ringrazia “di cuore” la folla. La voce è rotta più volte dal pianto e dalla commozione. Quindi si rivolge direttamente alla madre.

“Per me oggi è un giorno molto difficile ma la forza me l’hai data tu, mamma. Se è successo tutto questo è solo per il mio bene e non smetterò mai di ringraziarti”. Sul palco, Pisapia e don Ciotti. “Lea è un esempio per tutti, soprattutto per i giovani”, afferma il sindaco, e “Milano è in prima linea contro tutte le mafie. Denise ci ha invitato al funerale di sua mamma, Milano ancora una volta ha risposta con il cuore e con la ragione”.

Prima di prendere in spalla il feretro, è un don Ciotti commosso quello che (quasi) grida che in Italia “non basta parlare di verità, dobbiamo cercarla”. Per questo rivolge un appello ai tanti giovani “inghiottiti dalle mafie”. E’ a loro che chiede di seguire l’esempio di Lea e Denise: “Contribuite a cercare la verità. Noi non vi lasceremo soli”. Ma è una battaglia che bisogna iniziare da noi stessi. Perché se Lea ha avuto il coraggio di “rompere il codice del silenzio mafioso”, altrettanto devono fare tutti, “perché a volte quel codice lo abbiamo anche noi, è la nostra mafiosità”.

E’ per questo che “siamo tutti in debito con te”, dice con lo sguardo rivolto verso il cielo. Le ultime frasi le scandisce pur con le lacrime agli occhi e la voce che trema. Per la confessione di una sconfitta collettiva: “Abbiamo tanto dolore dentro, perché non ce l’abbiamo fatta a salvarla”. Ma è da qui che si deve ripartire. Da una promessa da fare – tutti insieme – a Denise. “Te l’abbiamo promesso – conclude don Ciotti -, non ti lasceremo mai sola”.

(Foto LaPresse)