ROMA – “Colpo di stato” titola il Giornale che giura vendetta: “Il leader di Forza Italia è riuscito a trasformare il suo giorno più duro in una promessa di riscossa”. In prima pagine due editoriali, uno di Alessandro Sallusti (“Il coniglio e i piccoli uomini”), l’altro di Vittorio Feltri (“Vendetta nelle urne”).
Scrive Vittorio Feltri:
Ero convinto di conoscere a fondo Silvio Berlusconi, essendomi occupato di lui fin dal 1973, quando stava per ultimare Milano 2. Invece mi accorgo, con grande sorpresa, di non conoscerlo neanche superficialmente. Lo osservo da lontano e ogni giorno egli mi stupisce per come vive l’epilogo della sua avventura (meglio dire disavventura) parlamentare. Non so dove trovi la forza per sopportare ciò che non è esagerato definire martirio, se si considera il modo in cui i suoi avversari, tra i quali numerosi ex amici (cortigiani, beneficiati), lavorano per eliminarlo: sembra che godano a stringere lentamente – molto lentamente- la vite della garrota. Non si accontentano di farlo fuori; pretendono di trasformare- e ci riescono- l’esecuzione in uno spettacolo dell’orrore. Altro che macchina del fango. Quello che usano contro di lui è un imponente strumento di tortura affidato a un esercito di sadici, ciascuno dei quali svolge il suo compitino (…) Non s’illudano gli aguzzini – e i loro mandanti – di farla franca. Uccidere un nemico che ha tanti amici significa rischiare il peggio: di inasprire la battaglia e magari perderla.
Alessandro Sallusti parla di Piazzale Loreto bis:
Piccoli uomini, senza il senso della Storia, della giustizia e della libertà hanno messo in scena una Piazzale Loreto bis, aggiungendo vergogna a vergogna nazionale. Il piccolo presidente Napolitano, detto dagli amici «il coniglio », si è goduto lo spettacolo al riparo della fortezza del Quirinale durante la giornata, per poi festeggiare in serata all’Opera di Roma. Ha mandato avanti, il coniglio, un altro piccolo uomo suo servitore, che guarda caso è un fresco ex pm. Si chiama Pietro Grasso, da poco è presidente del Senato. Il Grasso ha diretto il plotone di esecuzione violando anche le ultime norme che erano rimaste da violare, così, tanto per non farsi mancare nulla. Gli altri non meritano neppure citazione, tanto piccoli uomini si sono dimostrati. Faccio un’eccezione per il piccolo Schifani, il più infido tra i traditori di Forza Italia. Nei suoi mielosi interventi dentro e fuori l’aula per l’ipocrita difesa di Berlusconi, ha detto di sentire un «dovere morale». Dichiarazione fuorviante perché potrebbe far credere ai più distratti che lui sappia che cosa sia la morale. Meglio avrebbe fatto a dire: faccio così perché sono «uomo d’onore». E come sempre,quando c’è da fare scorrere sangue senza nulla rischiare, non potevano mancare gli intellettuali. In questo caso si chiamano “senatori a vita”,tipo l’architetto Renzo Piano e lo scienziato Carlo Rubbia. Parliamo di due amici di Napolitano (tanto amici che ce li farà mantenere a noi fin che campano)che l’Italia sanno a malapena dove è sulla cartina geografica. Ma hanno un pregio persino superiore ai loro meriti accademici: sono rigorosamente di sinistra. Ieri, per la prima volta da quando sono stati nominati, hanno onorato (si fa per dire) il loro lauto vitalizio e si sono presentati in aula per partecipare alla mattanza e da domani, orgogliosi, racconteranno l’avventura e l’emozione alle dame dei salotti radicalchic, sorseggiando champagne tra una tartina di caviale e l’altra. Questa è l’Italia che vorrebbe riscrivere la storia: due compari siciliani, Grasso e Schifani (fino a pochi mesi fa il primo praticamente indagava sul secondo), quattro rimbambiti grillini ( che se Berlusconi non avesse governato a lungo mai e poi mai avrebbero avuto la giusta libertà di dire e fare ciò che hanno detto e fatto negli ultimi anni), un centinaio di senatori di sinistra così ipocriti e vigliacchi da non fare scattare neppure l’applauso all’annuncio della decadenza. Se l’avessero fatto, li avrei rispettati. Ma in tal caso si parlerebbe di uomini, non di piccoli uomini.