BRESCIA – Sarebbe un’esca per animali selvatici, fuori commercio dal 1970, l’oggetto trovato nello stomaco di Giuseppe Ghirardini, l’operaio della Bozzoli di Marcheno in provincia di Brescia, morto per avvelenamento da cianuro e ritrovato cadavere a oltre 100 km da casa.
Ghirardini era l’ addetto ai forni della fonderia da cui l’8 ottobre è scomparso l’imprenditore Mario Bozzoli. Il veleno era all’interno dell’oggetto, in un’anima di silicato, che all’esterno sarebbe invece ricoperto da una polvere simile a creta.
Mario Bozzoli ha fatto perdere le sue tracce dalla sera dell’8 ottobre. Giuseppe Ghirardini, fra i pochi ad aver visto per l’ultima volta Bozzoli alla Fonderia la sera della della sparizione, è stato invece trovato cadavere nel bosco a 100 metri da casa sua. Scomparsa del primo e morte del secondo è difficile non metterle in relazione, spiegano gli inquirenti.
Tutto nasce alla fonderia, la chiave per risolvere il giallo è lì. Ghirardini è morto prima di essere sentito dai carabinieri, era stato convocato quel giorno. Sapeva o aveva visto qualcosa, era afflitto da rimorsi inconfessabili, aveva paura? le ultime attività al telefonino raccontano di due post da interpretare su facebook: “Guardati bene le spalle sempre… Pugnalate arrivano da chi meno te lo aspetti”, “Madonnina proteggici, aiutaci nelle difficoltà”.
Amici e colleghi descrivono Ghirardini, 50 anni, come un uomo che le sparava un po’ grosse su avventure di caccia, di cui era appassionato, e donne. Forse anche per allontanare i pensieri tristi di una famiglia in cui Ghirardini aveva visto morire il fratello di incidente, per malattia la sorella, per suicidio la nipote. Ma non si raccontano attriti con il padrone che lo trattava con simpatia.Per questa ragione, gli avvocati, già dallo scorso ottobre hanno invitato chi sa a parlare.