CARACAS – Hugo Rafael Chavez Frias è stato davvero l’ultimo caudillo dell’America Latina. Leader militare con una forte personalità carismatica, dopo un fallito tentativo di golpe nel 1992 ha conquistato il governo del paese nel 1998 e da allora non lo ha più lasciato, non nascondendo la volontà di guidare il suo Venezuela fino al 2031. Confondendo, da buon caudillo, il governo con lo Stato, ha occupato tutto quello che c’era da occupare, riuscendo comunque a galvanizzare il popolo con le sue “misiones” i programmi sociali che non hanno risollevato le sorti degli indigenti ma certo gli hanno resto una vita meno penosa. Grazie a Chávez migliaia di venezuelani si sono potuti operare gratis, molti hanno avuto una casa, altri un paio di occhiali, altri ancora un vitalizio.
Mimmo Càndito sul quotidiano la Stampa offre una lucida analisi del bolivarista che ha sfidato gli Usa. Il suo sogno era di guidare l’unità del Sud America e spezzare l’imperialismo statunitense, così come Bolivar nel suo tempo fece contro l’egemonia coloniale della Spagna. E’ stato la vera spina nel fianco di Washington, stringendo alleanze con gli arci-nemici degli Usa: la Cuba dei fratelli Castro così come l’Iran di Ahmadinejad e la Cina.
Ma soprattutto ha sfruttato la sua grande risorsa, il petrolio, di cui il Venezuela è tra i primi produttori mondiali, per modificare il ruolo geostrategico del Venezuela. Vantaggio non condiviso da tutti i paesi del Sud America, per i quali aspirava ad essere un modello, non facendo i conti con la scarsità di risorse e la forte sperequazione.
Scrive Candito:
Da Bolivar, poi, fattosi Caudillo, Chavez ha voluto assumere soprattutto l’eredità del Panamericanismo, l’ambiziosa costruzione d’una unità continentale che non fosse soltanto l’unione dell’Alca (all’Alca voluta da Washington lui opponeva l’Alba, alternativa bolivariana para America Latina y Caribe) e nemmeno il progetto limitato del Mercosur nel quale il Brasile fondava parte delle proprie ambizioni di egemonia regionale, ma fosse una vera e propria unità politica basata sul riscatto da quella che lui denunciava come la “dipendenza di un continente dall’imperialismo yankee” […]
Il modello di sistema politico proposto dal nuovo Bolivar era quello di un socialismo nazionale fatto di alte spese sociali con relativa sostenibilità economica. […] E quando poi questo progetto incontrava resistenze giudicate troppo rigide, Chavez scavalcava l’ostacolo intervenendo direttamente sulle strutture proprietarie con la nazionalizzazione nelle imprese, nelle telecomunicazioni, nel petrolio.
In breve tempo Chavez è diventato un idolo per milioni di venezuelani, alleviando anche se di poco gli squilibri della povertà, ma soprattutto promuovendoli cittadini e soggetti politici da meri indigenti quali erano. “Nessuno come lui ha usato i mass media come strumento di costruzione di consenso”, scrive Candito.
Chavez cantava, ballava, suonava le percussioni e impartiva ordini ai suoi ministri programma. Fino alla geniale invenzione di ‘Alò, Presidente!’, il talk show condotto da lui personalmente per essere vicino al suo ‘pueblo bolivariano’.
Questa la morale che ne trae Càndito:
Questo modello dell’Alo Presidente pare un buon lascito da offrire alle tentazioni politico/mediatiche di alcuni leader del nostro tempo, in questa parte del mondo.
Chavez è sopravvissuto a tentativi di Golpe, a complotti, ma non alla malattia, arrivata nel giugno 2011. Con i capelli ricresciuti dopo le prime chemioterapie, durante la campagna elettorale il presidente aveva puntato su un’immagine energica e di rinnovata salute. Ci era riuscito. Inguaribile ottimista, aveva di fatto cancellato l’immagine di un 58/enne malato, riuscendo ad affrontare nel modo giusto la grinta del 40/enne Capriles. Scommessa riuscita ma in fondo subito rimasta bloccata non dalla politica ma dalla malattia: qualche giorno dopo la vittoria, e’ subito ricomparso, in tutta la sua gravita’, l’incubo del cancro. La data chiave dell’ultimo periodo della sua lunga malattia e’ stata la notte tra l’8 e il 9 dicembre, quando il presidente ‘bolivariano’ ha reso noto in tv che doveva rientrare quanto prima a Cuba per sottoporsi al quarto intervento chirurgico. Nello stesso drammatico intervento aveva di fatto designato un successore: il vicepresidente Nicolas Maduro. Lo stesso che stasera, dopo settimane di voci e smentite sulle reali condizioni del ‘comandante’ e dopo un improvviso rientro in Venezuela interpretato dai più come il frutto del desiderio di morire in patria, ne ha annunciato oggi la scomparsa fra le lacrime.