Il Manifesto, Rossanda lascia. “Collettivo? No, un manipolo che si è appropriato del giornale”

Pubblicato il 27 Novembre 2012 - 09:10 OLTRE 6 MESI FA

La prima pagina del Manifesto con la lettera di Rossana Rossanda (Ansa)

ROMA – Rossana Rossanda lascia il Manifesto. E lo fa sbattendo la porta, con una lettera che fa rumore, soprattutto perché viene da una delle fondatrici del giornale. Poche righe amare e piene di polemica. Se ne va, con una lettera pubblicata lunedì 26 novembre a Micromega e oggi 27 in prima pagina dal Manifesto, in cui accusa la direzione e la redazione di ”indisponibilità al dialogo”.

”Preso atto della indisponibilità al dialogo della direzione e della redazione del ‘Manifesto’ – scrive – non solo con me, ma con molti redattori che se ne sono doluti pubblicamente e con i circoli del ‘Manifesto’ che ne hanno sempre sostenuto il finanziamento, ho smesso di collaborare al giornale cui nel 1969 abbiamo dato vita. A partire da oggi, un mio commento settimanale sarà pubblicato, generalmente il venerdì, in collaborazione con ‘Sbilanciamoci’ e sul suo sito”.

Il suo, come ha ricordato ‘MicroMega‘ ”è solo l’ultimo di una serie di addii ‘eccellenti’ che il Manifesto ha subito nelle ultime settimane. Prima Vauro, poi Marco D’Eramo”. E il giornale – fondato nel 1969, che versa in pessime acque finanziarie – ”continua a perdere pezzi. Dopo l’addio di D’Eramo, anche Joseph Halevi, uno tra i più noti collaboratori del Manifesto, ha deciso di lasciare, e in una lettera inviata al circolo del Manifesto di Bologna usa parole durissime nei confronti della direzione e della redazione: ”Non si tratta più di un collettivo ma di un manipolo che per varie ragioni si è appropriato del giornale”.

Giornalista e scrittrice, Rossanda, 88 anni, è tra le intellettuali più autorevoli del Paese, memoria storica dell’Italia del Dopoguerra. Nata a Pola nel 1924, allieva di Antonio Banfi, antifascista, ha partecipato alla Resistenza. E’ stata dirigente del Partito Comunista Italiano negli anni Cinquanta e Sessanta, fino ad essere nominata da Palmiro Togliatti responsabile della politica culturale del Pci. L’esigenza di elaborare la crisi del socialismo reale, sull’onda dei movimenti studentesco e operaio, la conduce a fondare nel 1969 il gruppo politico e la rivista ‘il Manifesto’, quotidiano dal ’71, insieme a Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luciana Castellina.

Le posizioni assunte dal giornale in contrasto con la linea maggioritaria del Partito, in particolare sull’invasione sovietica della Cecoslovacchia, nel 1969 determinano la radiazione della Rossanda e di altri del gruppo dal Pci. Dopo essere stata direttrice del ‘Manifesto’, continua la riflessione e il dialogo sui movimenti operai e femministi, e si dedica soprattutto alla letteratura e al giornalismo attraverso varie pubblicazioni tra cui, nel 1979, Le altre. Conversazioni sulle parole della politica (Feltrinelli); nel 1981 Un viaggio inutile (Einaudi); nel 1987 Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986 (Feltrinelli); nel 1996 La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita’. Nel 2005 esce per Einaudi La ragazza del secolo scorso, autobiografia tra storia e memoria. Da alcuni anni vive a Parigi, con K. S. Karol, suo compagno da lungo tempo e attuale marito, e osserva l’Italia dalla ‘giusta distanza’. E proprio ne ‘la Ragazza del secolo scorso’ Rossanda si interroga sul significato dell’essere, e soprattutto dell’essere stata, comunista. Comunista come membro di partito dal 1943 al 1969; e comunista oggi senza piu’ incarichi e senza piu’ un partito, accanto ad un giornale che un tempo fu ‘suo’ e che oggi lascia polemicamente.