ROMA – “Governo schiavo dei tassisti”. Esplode ancora la rabbia degli autisti Ncc, scesi in piazza a Roma e giunti da tutta Italia per dare seguito alle proteste scoppiate già nelle ultime settimane contro contro il decreto legge, approvato dal Consiglio dei ministri, che disciplina i noleggi con conducente.
I lavoratori della categoria in piazza della Repubblica, durante la protesta – in cui non sono mancati i momenti di tensione con le forze dell’ordine – hanno bruciato un manichino del vicepremier Luigi Di Maio intonando anche cori contro il ministro Danilo Toninelli.
“Se non ci ascolteranno bloccheremo il Paese. Ci sono duecentomila posti di lavoro a rischio”, hanno detto i manifestanti sventolando bandiere tricolore. Secondo il decreto, che riguarda “disposizioni urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea”, gli Ncc potranno operare in ambito provinciale senza dover più tornare in rimessa ma solo a patto di avere già nel “foglio di servizio” più prenotazioni oltre alla prima.
Resta inoltre bloccato il rilascio di nuove autorizzazioni in attesa del nuovo “archivio informatico pubblico nazionale” per la registrazione di tutte le licenze, anche dei taxi. Nel pomeriggio una delegazione è anche andata al Quirinale per chiedere a Mattarella di non firmare il decreto e per consegnare un documento in cui spiegano le proprie ragioni.
Tra queste, l’incostituzionalità del decreto, i rischi di violazione della privacy per i propri clienti e quelli sulla violazione della tutela della concorrenza con i tassisti. L’ufficio stampa della presidenza della Repubblica ha poi reso noto che “tre rappresentanti degli Ncc hanno consegnato all’ufficio accettazione del Quirinale un documento. Non vi sono stati incontri con delegazioni né considerazioni di alcun genere da parte del Quirinale”.
In piazza è stata anche esposta una vera bara con sopra un tricolore e un manifesto funebre dalla scritta “La libertà assassinata dal governo del cambiamento” e ai piedi una pagina gigante della Costituzione con l’articolo 1 e 4, per rivendicare il diritto al lavoro.
Ma la tensione è salita quando è stato dato alle fiamme un manichino che rappresenta il vicepremier Luigi Di Maio con il cappio al collo, mostrato tra i cori contro il governo, accusato di essersi schierato con i tassisti. Qualcuno ha anche cercato di bruciare una bandiera tricolore, che è stata subito tolta dalle fiamme da altri manifestanti. I leader della protesta hanno comunque preso le distanze da alcuni messaggi audio di minacce ai tassisti, circolati in alcuni gruppi di chat su Whatsapp dove si annunciava: “Vi sfondiamo le macchine”.