Passo Dyatlov, “Infrasuoni, forza sconosciuta”: 9 morti straziati 55 anni fa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Febbraio 2014 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA

MOSCA – Nudi nel ghiaccio a meno 30 gradi, le casse toraciche schiacciate, il cranio fracassato e una ragazza con la lingua mozzata. Queste le condizioni in cui 9 escursionisti russi furono trovati morti sugli Urali il 2 febbraio 1959. Un mistero, quello dell’efferata morte, che oggi trova una spiegazione scientifica. Secondo Donnie Eichar, regista e produttore americano, i 9 escursionisti si ritrovarono al centro di una tempesta “perfetta”: venti fortissimi che hanno generato tra le pareti del Passo Dyatlov dei mini tornado e degli infrasuoni in grado di far impazzire e martoriare i giovani corpi.

Angela Geraci sul Corriere della Sera racconta la scena che i soccorritori videro sul versante orientale del versante orientale del Cholat Sjachl, il Monte dei Morti:

“Ventiquattro giorni dopo il misterioso incidente fu ritrovata la loro tenda: completamente sconquassata e lacerata dall’interno. Dai resti della tenda partivano delle orme. Seguendole, i volontari trovarono i primi cinque corpi dei ragazzi: alcuni completamente nudi, con le mani bruciate, altri solo con la biancheria intima, tutti senza segni esterni di violenza. Sparsi a poche centinaia di metri uno dall’altro, sotto un cedro. I cadaveri degli altri quattro furono rintracciati invece solo tre mesi dopo, sotto quattro metri di neve gelida. E con dei traumi inspiegabili e non prodotti da altri esseri umani per la loro potenza: cranio fracassato, cassa toracica compressa fino a spezzare le costole. E un corpo, quello di una ragazza, senza lingua”.

A straziare i corpi nel passo Dyatlov, che prende il nome dal capo della spedizione Igor Dyatlov, sarebbe stata una tempesta perfetta secondo l’americano Eichar:

“Secondo l’autore i ragazzi si trovarono al posto sbagliato nel momento sbagliato: durante una “tempesta perfetta”. I venti, velocissimi, scontrandosi con la particolare forma a cupola della Montagna dei Morti diedero vita a dei furiosi vortici di aria che crearono dei mini tornado violentissimi nel passo dove c’era l’accampamento. Il rumore prodotto dal fenomeno doveva essere assordante. Ma c’è di più. Eichar dice anche che tormente come quella possono generare anche una gran quantità di infrasuoni (il contrario degli ultrasuoni) che, non udibili dagli uomini, sono capaci di avere effetti sul corpo umano: le vibrazioni prodotte da queste particolari onde sonore causano perdita del sonno, mancanza di respiro e, soprattutto, un panico indicibile e incontrollabile. Un terrore che, amplificato dal buio della notte e dal frastuono dei tornado, avrebbe insomma portato i nove ragazzi alla follia. E poi alla morte”.

Niente alieni o esperimenti segreti dell’ex Unione sovietica, secondo Eichar, come in un primo momento si era pensato:

“Un gruppo di escursionisti che si trovava poco distante dal gruppo riferì di aver visto nel cielo delle “sfere arancioni”. Cosa confermata in quei mesi anche da avvistamenti analoghi fatti dal servizio meteorologico e membri dell’esercito. Si scoprì più tardi che le «palle arancioni» erano lanci di missili balistici R-7. Quando poi negli anni Novanta i fascicoli dell’inchiesta furono desecretati, alcuni particolari furono pubblicati dalla stampa e ne venne fuori anche una teoria secondo cui le morti erano legate alla sperimentazione di un’arma segreta sovietica”.

Uno dei ragazzi scampò alla morte e non se lo perdonò per tutta la vita:

“Jurij Judin era partito insieme a loro il 23 gennaio per quella avventura ma poi cinque giorni dopo li aveva abbandonati. Stava infatti male fisicamente e non poteva proseguire la spedizione. È morto a 70 anni dopo aver vissuto tutta la vita con il senso di colpa per essere scampato a quella misteriosa notte che ha portato via i suoi migliori amici”.