Presidente della Repubblica, toto-nomi: 30 candidati per il Quirinale FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Dicembre 2014 - 13:37| Aggiornato il 22 Gennaio 2015 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Presidente della Repubblica: 30 nomi per il Quirinale, 30 nomi per trovare il successore di Giorgio Napolitano, capo dello Stato dal 2006. Ve li elenchiamo dividendoli in gruppi, seguendo una lista di “quirinabili” presentata da Massimiliano Scafi sul Giornale:

Le donne (cinque): Laura Boldrini, Emma Bonino, Marta Cartabia, Anna Finocchiaro, Roberta Pinotti.
Gli ex segretari del Pd-Ds-Pds (sei): Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema, Guglielmo Epifani, Piero Fassino, Dario Franceschini, Walter Veltroni.
I cattolici (quattro): Pierluigi Castagnetti, Pier Ferdinando Casini, Sergio Mattarella, Paolo Gentiloni.
I tecnici, esperti di economia o diritto (quattro): Mario Draghi, Pier Carlo Padoan, Raffaele Cantone, Sabino Cassese.
I personaggi del mondo della cultura (due): Renzo Piano, Riccardo Muti.
Le “riserve della Repubblica” (tre): Romano Prodi, Gianni Letta e Giuliano Amato.
Vari ed eventuali (cinque): Piero Grasso, Vittorio Feltri, Piero Ostellino, Franco Baresi, Stefano Rodotà.
Il trentesimo nome: quello del prossimo presidente della Repubblica.

Nomi buttati là, nomi civetta, nomi già bruciati. In tutto sono ventinove. Il trentesimo, il nome giusto, quello che succederà a Giorgio Napolitano, è ancora coperto. Ma potrebbe benissimo essere uno dei sopra citati. Ad esempio, Padoan. Il ministro dell’Economia è partito in sordina, poi negli ultimi giorni è scattato con forza. Elogiato dal capo dello Stato uscente, invitato da Matteo Renzi «per fraternizzare» all’assemblea dei parlamentari del Pd, gradito all’estabilishment internazionale, in buoni rapporti con Draghi. Forza Italia però, come sostiene Maurizio Gasparri, «ha il coltello dalla parte del manico», non appare entusiasta e non ha digerito la sua legge di Stabilità. Senza contare che il premier potrebbe avere difficoltà a separarsi dal suo ministro dell’Economia. E poi all’elezioni mancano almeno 45 giorni: la volata di Padoan è partita troppo presto?

Stando alle parole di Renzi, sembrerebbe proprio di sì: «Il presidente lo si sceglie quattro giorni prima della seduta congiunta delle Camere, non con parecchie settimane di anticipo. Non dimentichiamoci come uscì il nome di Napolotano nel 2006». Cioè all’ultimo minuto, dopo una serie di veti incrociati e di cadute eccellenti. Insomma, «è inutile dilettarsi con gli identikit, il dialogo tra i partiti comincerà quando sarà il momento opportuno».

Nel frattempo Matteo registra la volontà di intesa espressa da Silvio Berlusconi e non si preoccupa più di tanto dei dissidenti Pd e Fi: se si mettono d’accordo, alla quarta votazione, quando basteranno 505 voti, i due contraenti del Patto del Nazareno possono reggere anche 150 franchi tiratori. Con questi presupposti, sarà difficile per la minoranza dem sparigliare flirtando con Grillo e Vendola.
Certo, i piccoli cercano di organizzarsi. M5S, Lega e Fratelli d’Italia potrebbero trovare improvvise convergenze, Scelta Civica, Per l’Italia e Centro democratico hanno firmato un «patto di consultazione» per far pesare i loro 50 grandi elettori. Cosi anche il lancio di Pierluigi Bersani e Mario Draghi da parte di Mario Mauro viene considerato come una manovra di disturbo. Che infatti Giovanni Toti blocca subito: «Sicuramente è un nome che ha un curriculum, come Amato, ma credo Draghi stia facendo un ottimo lavoro alla Bce e sarebbe controproducente chiedergli di lasciare anzitempo l’incarico».