Tiburtina Roma e Stazione Milano “campi profughi”: accampati aspettando il Nord

di Daniela Lauria
Pubblicato il 11 Giugno 2015 - 17:28| Aggiornato il 13 Giugno 2015 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Campi profughi improvvisati tra i binari della Stazione Tiburtina a Roma e la Centrale a Milano. Centinaia di migranti che hanno attraversato il deserto, dalla Siria alla Libia, e da lì hanno solcato un altro deserto, di acqua salata, schiacciati a bordo di barconi della speranza per approdare infine sulle coste sicule. Da qui è cominciata un’altra odissea: sono scappati dai Cara, i centri di prima accoglienza per i richiedenti asilo e si sono avventurati verso il Nord: l’Italia non è la loro destinazione finale.

In un video amatoriale pubblicato dall’Huffington Post si vede il viaggio disperato compiuto da alcuni profughi, dal deserto della Libia fino alla stazione di Milano. Quando vedono le motovedette arrivare al largo delle coste italiane urlano: “Allah akhbar”. Per guardare il video CLICCA QUI.

E’ così che le stazioni di Roma e Milano sono divenute campi profughi loro malgrado. Loro, i migranti, sono stanchi, affamati, anche malati. Si accampano dove possono: nel mezzanino, tra le grate, nell’atrio. Dormono sui cartoni, per terra, sdraiati su quell’asfalto che diventa incandescente di giorno: l’ombra è poca perché pochi sono gli alberi e allora si sta stretti, tutti vicini, come sui barconi.

A Milano ci sono stati casi di scabbia, 108 in questi primi dieci giorni di giugno, ma anche di malaria. All’inizio si è pensato anche che fosse Ebola. Soltanto ieri, ad aver trascorso la notte sui pavimenti di marmo della Centrale sono stati centocinquanta. Altri 200 l’hanno passata all’aperto, nelle aiuole di fronte allo scalo ferroviario o ai bastioni di Porta Venezia, a pochi passi dai palazzi storici della città. I volontari, a fatica, sono riusciti a sistemare per la notte al coperto almeno le donne e i bambini.

Tra loro c’è Okubai, ha 28 anni eritreo: “Voglio andare in Danimarca, dove mio fratello vive da 7 mesi”, racconta in arabo tramite uno dei volontari che operano in Stazione. “Sono partito due mesi fa, ho attraversato l’Eritrea, l’Etiopia, il Sudan e la Libia”, ha spiegato mostrando un biglietto con la scritta Liguria. E’ stata la sua prima tappa in Italia, prima di raggiungere Milano, dove è arrivato 4 giorni fa. La notte dorme in stazione come altri 300 eritrei come lui, che parlano quasi solo in tigrino, poco arabo e pochissimo o niente di inglese. Okubai sa dove vorrebbe andare, in Danimarca, ma alla domanda su come arrivarci non riesce a dare una risposta.

A Roma la situazione non è migliore: stanno fermi lì, a Largo Mazzoni, via Pietro l’Eremita e via Cupa, dove c’è un centro di accoglienza. La Croce Rossa Italiana, con un medico, infermieri e mediatori culturali, e un camper ormai fisso, provvede a dare loro i pasti e li assiste da un punto di vista sanitario. I farmaci sono forniti dalla Asl RmA.

Anche loro sono in attesa, attendono un pullman che li porti via, verso una nuova vita al Nord, fanno capire. Ma il loro Nord non è in Italia: in Germania, Austria, o comunque nel Nord Europa. Molti però non hanno i documenti, e le cose per loro si complicano. Oltre al fatto che Berlino ha sospeso temporaneamente il trattato di Schengen fino al 15 giugno per il G7.

Intanto alcuni passanti lasciano una bottiglia di acqua, qualche cosa da mangiare, o un po’ di spicci. E loro, gli invisibili, ringraziano con larghi sorrisi, ma con la malinconia di chi non sa cosa ne sarà della propria vita. Di certo, per ora, c’è solo quel cartone sul quale dormire.

FOTO ANSA – Roma, Stazione Tiburtina

 

FOTO ANSA – Milano, Stazione Centrale