Via Fani, ricostruzione in 3d: così le Brigate rosse rapirono Moro FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Giugno 2015 - 12:11 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La polizia scientifica, per la “Commissione Moro” ha ricostruito in 3D l’agguato in via Fani, quella mattina del 16 marzo 1978 in cui le Brigate Rosse rapirono il presidente del Consiglio in pectore Aldo Moro e ammazzarono tutti i cinque uomini della sua scorta. Alcuni elementi nuovi e controversi: si sparò da sinistra e da destra, mentre le Br al processo hanno sempre detto di aver sparato da destra. E la dinamica dell’azione ricostruita dalla scientifica appare incompatibile con i quattro sparatori finora individuati: all’appello mancherebbero almeno tre uomini. Scrive Paolo Cucchiarelli dell’Agenzia Ansa:

Da sinistra a destra: sta in gran parte in questo “spostamento” il segreto (per alcuni) di Via Fani. Ieri notte la commissione Moro, sulla base di una ricostruzione in 3D della dinamica dell’assalto alla macchina di Aldo Moro e della sua scorta fatta dalla polizia scientifica, ha preso atto che in base ai bossoli, alle perizie sulle armi utilizzate, alle foto e alle indicazioni desunte dalle autopsie a sparare da destra sugli uomini della scorta furono sempre e solo i brigatisti che “aggirarono” le due auto per sparare contro gli agenti Zizzi (che arrivò ancora vivo all’ospedale) e Iozzino (l’unico che reagì e cadde ucciso a terra sul selciato).

Per il capo scorta Oreste Leonardi, colpito anche lui da sette colpi da destra, gli uomini della scientifica affermano, in base all’incrocio dei diversi elementi disponibili, che Leonardi nel tentativo di sporgersi immediatamente verso Moro per fargli da scudo diede le spalle verso sinistra ricevendo così i colpi che appaiono sparati da destra ma invece non lo sarebbero. Questo almeno secondo l’interpretazione della Scientifica. Tutto chiaro se le Br da sempre, come ha ricordato Maria Fida Moro, non avessero fatto bollare in sentenza definitiva che loro spararono solo e sempre da destra; non fecero nessun “aggiramento” delle auto e non diedero i colpi di grazia agli agenti da quella angolazione.

L’illustrazione del rapporto e delle slide ha suscitato qualche perplessità da parte dei commissari che hanno ricordato la serie di “intoppi” che avrebbero colpito i 4 Br durante l’azione, con pistole che si inceppano, caricatori da cambiare in corsa, gente non propriamente preparata sotto il profilo militare o che se la faceva sotto. Insomma una perizia molte tecnica e convincente ma che non ha risolto il “nodo” principale della vicenda. Le slide e la documentazione della Scientifica hanno sì spazzato via tante supposizioni giornalistiche ma la ricostruzione proposta è apparsa ai commissari troppo “stretta” rispetto ai 4 sparatori individuati (in sede di seria analisi si parla di almeno sette) e allo spostamento da sinistra a destra.

La grossa novità avanzata è che le Br abbiano sparato sulle auto in movimento inizialmente con colpi singoli per neutralizzare subito la scorta e solo dopo si sia passati alle raffiche di mitra. Non ci fu il tamponamento (questo sì sostenuto dalle Br) ma solo un sobbalzare della macchina di Moro che si appoggiò alla 128 delle Br. Gero Grassi rilancia perplessità anche su tempi di arrivo in via Fani del dirigente della Digos Domenico Spinella, quello “omissivo” sulla provenienza dei proiettili di Via Fani che almeno secondo un appunto dell’epoca provenivano da uno speciale deposito di munizioni.

A lungo si è discusso in audizione segreta della novità che si potrebbe annunciare a breve e cioè l’interessamento investigativo verso il mai scandagliato bar Olivetti, appena alle spalle della linea di fuoco dei Br. La commissione, indagando sulla strage, ha aperto un faldone che ha finora riservato inusitati incroci di elementi, interessi, presenze multiple legate al sequestro: sia va da alcune persone poi confluite nella banda della Magliana, al mafioso Frank Coppola, da parenti di politici Dc, a uomini dei servizi segreti legati alla politica romana, ai terroristi della Raf tedesca con possibili addentellati nel riciclaggio. “Per 37 anni si è cercato tante cose in via Fani che magari non c’erano e non ci si e’ accorti di quello che c’era attorno a quel bar”, ha commentato Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione”.