Nella sua storia la corrida è sopravvissuta a mille imboscate. Che in tanti – sovrani, papi, governanti – hanno provato a sopprimerla o snaturarla. Sempre rompendosi le corna. Vero. Ma oggi è diverso: a parte la sensibilità animalista, sono i “valori” stessi della tauromachia ad essere percepiti come anacronistici. Sprezzo del pericolo, virilità enfatica, cavalleria? Anticaglie retoriche – ci si dice – e pure un po’ reazionarie.
Senza dimenticare che nella società spettacolare, la corrida dà scandalo perché – tecnicamente – non è uno spettacolo. Ma un rito. Nel quale puoi vedere tutti i simboli e tutte le metafore che vuoi, però lì è tutto vero, letterale: a cominciare dal dolore e dalla morte.
[…] Più probabile che la corrida finisca lentamente per regionalizzarsi, che venga mantenuta a macchia di leopardo in enclaves dove l’aficiòn è più robusta. Tutto sommato, non sarebbe una tragedia.
Se non altro perché – consolidatasi sotto il franchismo – l’etichetta patriottarda di Fiesta Nacional ha arrecato alla tauromachia danni incalcolabili. Facendola passare come qualcosa “di destra”. A torto. Conosco aficionados molto più a sinistra di quanto la sinistra si meriterebbe.
Marco Cicala su Il Venerdì di Repubblica del 14 settembre 2012