“Se i giornali chiudono non me ne frega niente”: Matteo Renzi democratico 2.0

Pubblicato il 28 Luglio 2014 - 08:28 OLTRE 6 MESI FA
"Se i giornali chiudono non me ne frega niente”: Matteo Renzi democratico 2.0

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“Se i giornali chiudono non me ne frega niente”: Matteo Renzi aggiunge il suo nome all’albo d’oro dei nemici della stampa, titolo d’onore per molti giornali, vergogna per tutti quelli che in ginocchio, la lingua di fuori, si sono prosternati davanti a Matteo Renzi, dopo averlo fatto, senza ragione né discernimento, davanti a Mario Monti (lo chiamarono Super Mario e lui ci portò in rovina) e a Enrico Letta.

La scena si è svolta a Palazzo Chigi venerdì 25 luglio 2014, nel tardo pomeriggio. Rivela Marco Palumbo sul Fatto:

“Siamo al terzo piano del palazzo del governo”

e davanti a Matteo Renzi c’è Luca Lotti,

“il più fido consigliere di Renzi, sottosegretario preferito e l’unico renziano a Roma che il premier chiami “fratello” (per gli amici, invece, è “lampadina”)”.

Luca Lotti, che ha la delega sul tema editoria,

“dopo aver appena stanziato 52 milioni in sei anni per i prepensionamenti, stava in sostanza proponendo al suo capo di deliberare nuovi fondi per aiutare il settore – che poi vuol dire i grandi giornali – a ristrutturarsi. Renzi non l’ha presa bene, Lotti ha provato a ribattere ed è finita a urla belluine ascoltate da un bel pezzo dei dipendenti presenti: “Tu mi devi fare delle proposte, ma la linea politica la decido io. Decido io a chi dobbiamo dare i soldi e ai giornali non li diamo. A me se chiudono non me ne frega niente”.

Aggiunge Marco Palumbo:

“Hai voglia a spiegare all’urlante Matteo che ci sono impegni presi, che si tratta di un settore delicato e, magari, che certi nemici è bene tenerli più vicini degli amici. Non ha gradito e s’è sfogato a urla. D’altronde il periodo non è facilissimo: le riforme da imporre con le minacce in assenza del consenso, l’Europa che lo tratta come un Berlusconi appena meno imbarazzante ma altrettanto irrilevante, i dati economici che gridano manovra correttiva ad ogni passo”.

Questo, spiega Marco Palumbo, rende Matteo Renzi nervoso:

“Le difficoltà di governare in una situazione così difficile lo stanno logorando”.

Tanti vivrebbero meglio senza i giornali e l’odio per la libera stampa è un male universale e non solo italiano, accomuna ad esempio George Bush figlio e Barack Obama.

In Italia i politici vorrebbero i giornali chiusi e i giornalisti legati e imbavagliati. La lista è lunga e zeppa di nomi illustri. Precedono Matteo Renzi nella lista degli odiatori illustri, Berlusconi e Massimo D’Alema.

Berlusconi, tanto vituperato, si limitò a minacciare rappresaglie mirate, non indiscriminate e a studiare forme di contenimento della libertà di stampa. Come editore di tv aveva tolto parecchio fieno dalla stalla dei giornali, ma in nome della concorrenza e del libero mercato, non come presidente del Consiglio. Da Palazzo Chigi non fece nulla per aiutare i giornali, ma non si spinse mai a auspicarne la chiusura.
Massimo D’Alema, nei suoi anni di gloria, disse che lui non leggeva i giornali, guardava solo la tv. E non fece nulla per risolvere la crisi.

Ora è entrato Matteo Renzi e lo ha fatto a piedi uniti.