Bossi e Maroni, amici mai

Pubblicato il 6 Ottobre 2012 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA

Non è mai stata l’amicizia a tenere insieme Umberto Bossi e Roberto Maroni, anche se in tanti lo credono. Semmai la reciproca utilità e di sicuro anche un secchio di colla d’antichità incerta, e comunque coeva ai primi anni del loro sodalizio, quando riempivano le notti di chilometri, scritte e manifesti.

Quella del secchio è una storia che il Capo ricicla ogni volta che i due, dopo uno scontro, si riconciliano, per far credere almeno ai militanti che la colla basti a spiegare i misteri di un legame che a occhio nudo appare indecifrabile.

Trent’anni di dittatura interna non hanno consegnato alla storia della Lega un solo atto di clemenza di Bossi nei confronti dei ribelli: «È inevitabile agire con durezza. Lo impone la legge della rivoluzione federalista». E quella legge il Capo l’ha esercitata con una certa voluttà. Tranne che con Bobo. Al quale è sempre stato perdonato tutto, perfino l’insubordinazione, perfino il tradimento, fino all’epilogo finale.

Decine di colonnelli padani hanno invocato pubblicamente la sua espulsione, compresa Manuela Marrone, che non lo ha mai sopportato per quella ingombrante vicinanza col marito. Qualche volta ci sono quasi riusciti. Ma il quasi non è abbastanza. Perciò Maroni è ancora lì: e adesso comanda. 

La verità è che, a forza di viaggiare insieme, uno è diventato indispensabile all’altro. Proprio come capita nelle lunghe storie di coppia senza amore, quando gli opposti si tengono insieme anche per dividersi i compiti del giorno per giorno. Finendo per diventare complementari: presidiare uno la luce delle sentenze apodittiche, delle pubbliche decapitazioni, e l’altro l’ombra della mediazione che ricuce.

Pino Corrias, Renato Pezzini e Marco Travaglio: “L’Illusionista”, Chiarelettere, 13 euro. Estratto pubblicato da Il Messaggero.it