Cucciolo di squalo elefante liberato dalle reti dei pescatori a Torre Guaceto in Puglia, il VIDEO

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Febbraio 2021 - 16:03 OLTRE 6 MESI FA
squalo elefante

Cucciolo di squalo elefante liberato dalle reti dei pescatori a Torre Guaceto in Puglia

Tra le reti di due pescatori autorizzati a pescare all’esterno dell’area protetta dell’Oasi di Torre Guaceto in provincia di Brindisi, c’era un giovane esemplare di squalo elefante.

Lo squalo è stato liberato quasi subito, grazie alla richiesta di aiuto fatta dai due pescatori al personale che gestisce la riserva.

Squalo elefante liberato dalle reti dei pescatori

Per gli esperti si è trattato di “un evento straordinario”. I ricercatori spiegano infatti che si tratta di un pesce molto raro da incontrare. In questo caso era presumibilmente una femmina di pochi mesi di vita, vista la lunghezza pari ad appena 1 metro e 60.

La specie, attualmente è protetta. Si tratta del secondo pesce più grande al mondo dato che può superare gli 8 metri di lunghezza. 

Squalo elefante inoffensivo per l’uomo

Malgrado la stazza, lo squalo elefante è inoffensivo per l’uomo dato che è privo di denti e si nutre solo di plancton. Per farlo filtra ogno ora circa 9 tonnellate di acqua da cui trattiene fino a 200 chili i plancton. 

E’ questa la ragione per cui lo si vede nuotare spesso a filo dell’acqua.

Vive sia l’oceano Atlantico ed il Mediterraneo e ogni giorno arriva a percorrere anche 50 chilometri.

Il presidente del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, Corrado Tarantino,  non nasconde l’emozione per l’avvistamento e per il fatto che tutto sia finito per il meglio: “Siamo tutti molto emozionati per la grande sorpresa prima e l’enorme soddisfazione poi, che ci ha donato questo episodi”.

“Oggi si è compiuto un piccolo miracolo, abbiamo salvato la vita di un piccolo protetto. E ciò è accaduto perché da anni lavoriamo strenuamente sul fronte della sensibilizzazione e a stretto contatto con il mondo scientifico”.

“Siamo riusciti a salvare questo squalo, in primis, perché i pescatori che lo hanno trovato sono stato abbastanza sensibili da contattarci per chiedere il nostro intervento e, in seconda istanza, perché, sempre pronti a dare il proprio supporto, i ricercatori hanno diretto il nostro operato sul campo”.