Siberia, cucciolo di leone di 28mila anni fa spunta dal permafrost scongelato: ha anche i baffi

di Daniela Lauria
Pubblicato il 13 Agosto 2021 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA
Siberia, cucciolo di leone di 28mila anni fa spunta dal permafrost scongelato: ha anche i baffi

Siberia, cucciolo di leone di 28mila anni fa spunta dal permafrost scongelato: ha anche i baffi

Un cucciolo di leone delle caverne di 28 mila anni fa: è spuntato fuori in Siberia dallo scioglimento del permafrost. E’ una delle conseguenze del riscaldamento globale. 

Secondo quanto riporta la Cnn il cucciolo di leone è perfettamente conservato: ha anche i baffi e sembrerebbe essere morto nel sonno o sul punto di svegliarsi.

Nell’era glaciale la Siberia non era una terra desolata come oggi: era popolata da mammuth, lupi della tundra, orsi, rinoceronti lanosi, bisonti, e molti altri animali.

Sparta, il cucciolo di leone emerso dall’era glaciale

Dalle analisi è emerso che la pelliccia è stata leggermente intaccata dal fango, ma gli organi interni mummificati, sono rimasti perfettamente integri, così come i denti e la pelle. I ricercatori gli hanno dato anche un nome: Sparta.

Love Dalen, professore di Genetica dell’Evoluzione a Stoccolma, ha detto alla Cnn: “Sparta è stato forse l’esemplare di animale dell’era glaciale meglio preservato che sia mai stato trovato. Si tratta di una femmina, e persino le vibrisse si sono conservate perfettamente. Boris non si è conservato altrettanto bene”.

Cos’è il permafrost e perché si sta scongelando

Il permafrost è lo strato di suolo artico congelato in modo permanente. Ovvero la cui temperatura non supera gli zero gradi centigradi per almeno due anni consecutivi. Rappresenta il 25% delle terre emerse nell’emisfero settentrionale, pari a 23 milioni di chilometri quadrati: una cosa come due volte e mezzo la superficie del Canada. 

Geograficamente, il permafrost si concentra in Groenlandia, Alaska, Canada e Russia. Qui i cambiamenti climatici procedono ad un ritmo due volte superiore rispetto alla media del Pianeta.

“A causa del riscaldamento globale – spiega Greenpeace – negli ultimi 30 anni l’area artica coperta di ghiacci si è ridotta in modo sostanziale estate dopo estate, diminuendo la capacità della superficie ghiacciata di riflettere la luce solare (un fenomeno conosciuto come albedo) e aumentando il calore assorbito dal mare, che a sua volta contribuisce allo scioglimento dei ghiacci, in un circolo vizioso molto pericoloso”.