La rivincita del gin

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Dicembre 2012 - 09:00 OLTRE 6 MESI FA
La rivincita del gin

BERLINO – “Un gin tonic, grazie”. Di fronte a questa richiesta, fino a qualche tempo fa, un barman non avrebbe battuto ciglio e avrebbe preparato uno dei long drink più classici: 2 parti di gin, 3 di acqua tonica, ghiaccio e fettina di limone.

Ma da un po’ in Germania e non solo, se il bar è un buon bar, il barman non si accontenterà e vi chiederà ulteriori precisazioni: “Quale gin? E quale tonica?”. Un “bartender” esperto potrebbe suggerirvi di abbinare un gin aromatico come il Monkey 47 con una tonica 1724, che non ne soffocherebbe il sapore. Oppure un gin Sipsmith che si abbina meglio con la tonica Fentimans, mentre un gin Adler va a nozze con l’acqua Henry Thomas.

Si può dire ormai che il semplice fatto di andare al bar è diventata una sorta di scienza a se stante. Si può criticare questa attenzione ai dettagli come una mania passeggera, oppure si può salutare come una novità positiva questa cultura del bere nella quale il piacere ha preso il posto dello sballo. Al centro di questa new wave del piacere di bere c’è la rinascita del gin.

Rinascita del gin, o meglio rivincita, segnalata da tutte le riviste di settore e da una ripresa della produzione, che abbonda soprattutto in varietà. Se un grossista di liquori del nord della Germania cinque anni fa aveva 20 tipi di gin nella sua gamma di prodotti, ora ne ha 60. Al dettaglio il consumo di gin è cresciuto del 9,3% fra il 2010 e il 2011 (dati riferiti sempre alla Germania).

La storia del gin. Il gin è un superalcolico profumato con estratti di ginepro. I suoi ingredienti sono alcol ad alta gradazione distillato dai cereali o più raramente dalla melassa. Insieme con le bacche di ginepro che gli danno il suo caratteristico sapore, il gin può essere fatto anche aggiungendo altre erbe, spezie e frutta come il coriandolo, lo zenzero o la scorza d’arancia, per dare un tocco di originalità.

Dopo un secondo processo di distillazione, si aggiunge acqua allo spirito fino a raggiungere una concentrazione potabile. Il gin deve avere un 37,5% minimo di alcol, ma nella maggior parte dei casi la sua gradazione alcolica è fra il 40% e il 47%.

La bevanda nazionale inglese ha in realtà le sue radici nei Paesi Bassi, dove era conosciuto come geneva o jenever, il nome olandese del ginepro. Durante il 17° secolo, i soldati inglesi che combatterono al fianco degli olandesi contro gli spagnoli nella guerra di indipendenza olandese conobbero il genever – che le truppe olandesi usavano per darsi forza prima della battaglia, tanto che il genever era conosciuto anche come “Dutch Courage” – e se lo portarono a casa dandogli un nome più facile da pronunciare: gin.

Il gin conobbe una rapida diffusione durante il regno di Guglielmo III d’Orange, olandese e protestante, che, contrario alla diffusione del francese e cattolico cognac, decise una detassazione sulla distillazione dei corn brandy protestanti, con il risultato che, a partire dal 1736, per ogni litro di birra prodotto nel Regno ne venivano prodotti sei di gin.

Il gin sostituì la birra, tanto che un inglese su cinque aveva una distilleria di gin in casa, con effetti devastanti sugli strati più bassi della popolazione e sull’ordine pubblico. Essendo di gradazione alcolica otto volte più alta della birra, il gin, che per molti era l’unico alimento della giornata, fu la causa di un alcolismo di massa, di fronte al quale le autorità britanniche reagirono tardivamente con il Gin act, che raddoppiò la tassa sulla distillazione di Gin.

Due secoli più tardi, l’asse portante delle sbornie dei poveracci era diventato il distillato più amato dagli ufficiali. Quelli di stanza in India usavano il gin per togliere l’amaro dell’acqua al chinino che dovevano bere come antidoto contro la malaria, insieme alla loro dose giornaliera di succo di limone che serviva a tenere lontano lo scorbuto. Così nacquero il Gin Tonic (gin e acqua al chinino, ovvero acqua tonica) e il Gin Fizz (gin con succo di limone, sciroppo di glucosio e acqua gassata).

Nell’epoca d’oro dell’american bar, fra il 1870 e il 1920, i long drinks con il gin come base divennero dei classici, insieme al Gimlet (gin e succo di lime), il Negroni (gin, vermouth dolce e vermouth amaro) e il re dei cocktail: il Martini (gin e vermouth dry). Gin era sinonimo di cocktail.

Ma era un mondo destinato ad annegare nella vodka. Fu un’invasione sotto le insegne della Smirnoff, che nel 1941 inventò il Moscow Mule, un cocktail composto per due parti di vodka, tre di ginger beer e una di succo di lime. Quando iniziarono le riprese di “Casablanca” tutta Hollywood impazziva per il Moscow Mule. La moda dalla comunità del cinema dilagò in tutti gli Stati Uniti. Ma per il gin non era arrivato ancora il colpo del ko.

Che arrivò con Bond, James Bond. L’agente segreto 007 beveva il suo cocktail preferito, un Martini “mescolato, non agitato”. Fino al 1962, quando uscì nelle sale Dr. No, il Martini era sempre stato un cocktail a base di gin. Ma Bond lo beveva con la vodka al posto del gin. E una bottiglia di Smirnoff era chiaramente visibile sullo sfondo di molti film dell’agente 007.

La vodka divenne la regina dei cocktail. Grazie al suo sapore neutro era facile da abbinare con succhi di frutta sempre più esotica e sciroppi di qualunque tipo, in cocktail sempre più accattivanti e appariscenti. Le bottiglie di gin divennero minoranza negli scaffali dei bar.

Fino ad oggi. Il gin è ancora di nicchia, a fronte di 5,5 milioni di bottiglie prodotte al mondo ce ne sono 63 milioni di vodka. Ma nei bar più di moda potrete sentirvi dire: “Sei out o sei gin?”.

Perché questo ritorno del superalcolico al ginepro? Perché va di pari passo con la moda del retrò. Se la vodka era “lo spirito dei tempi” negli anni 80, sorella alcolica della cocaina, fredda e appariscente come una luce al neon, il gin è la bevanda degli anni Dieci, un drink per i nostalgici del nuovo millennio. Per chi vuole bere e non trangugiare, assaporare e non ubriacarsi. Vuoi sembrare cosmopolita? Meglio un Aviation (gin, maraschino, crème de violette e succo di limone) di un Sex on the Beach (vodka, peach schnapps, succo d’arancia e succo di mirtillo). Almeno in Germania è così.