Alberi sapienti, antiche foreste di Daniele Zovi: la recensione

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 11 Ottobre 2018 - 05:30| Aggiornato il 20 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

Alberi sapienti, antiche foreste: il libro di Daniele Zovi

ROMA – Daniele Zovi scrive “Alberi sapienti antiche foreste”, un saggio dentro al quale troverete tanto amore per la natura, sessanta bellissime illustrazioni fotografiche, ed una narrazione che con garbo e passione vi insegnerà come guardare, ascoltare e avere cura del bosco.

Ci assomigliano più di quanto siamo portati a credere, dice Zovi nell’introduzione riferendosi agli alberi. E mi viene alla mente Barbalbero, il più antico degli Ent, alberi giganti dalle fattezze umane nati dall’immaginifico universo tolkieniano; ma questa è un’altra storia, roba di orchi contro nani, e hobit dai piedi lunghi e pelosi.

Tuttavia, siccome – mi verrebbe da dire – nessuna connessione, anche la più azzardata come questa, vien per nuocere, leggendo il saggio di Zovi, le distanze tra natura e uomo si colmano indubbiamente di sensibilità ambientale e competenze, ma anche di miti, leggende, sacralità e divino, ovvero un po’di quegli ingredienti che Tolkien avrebbe ben digerito. Ed allora il libro va messo al contrario e questa recensione fatta iniziare dall’ultimo capitolo, il diciannovesimo – “Lo spirito del bosco” – là dove si cita l’ “Epopea di Gilgameš” che ben tremila anni prima di Cristo guardava alla montagna dei cedri come alla dimora degli dèi; oppure l’Iliade, nella quale Omero narra che i fedeli si riunivano nei boschi sacri; o Siddharta che giunge all’illuminazione sotto un antico fico; addirittura il mondo celtico, fatto di sacerdoti che celebravano cerimonie all’interno di foreste di querce.

Quindi boschi sacri e alberi come divinità, ma anche salute, capitolo diciottesimo. Andar per boschi fa bene allo spirito, dice la saggezza popolare, ma in questo caso è la scienza a pronunciarsi ed a spolverare la mente dalle nebbie delle suggestioni con il piglio della ricerca.

Ed allora leggendo queste pagine si scopre che frequentare aree forestali ricche di monoterpeni – biomolecole prodotte da molte piante – aiuta a mantenere alte le difese immunitarie, e che in alcuni paesi, come ad esempio la Finlandia, si realizzano iniziative di salute pubblica che prevedono esperienze a contatto con la natura, mentre in oriente si sostiene che immergersi nell’atmosfera di un bosco faciliti il raggiungimento dell’equilibrio psicologico; e poi ci sono gli sciamani della Siberia, che alla scienza hanno voltato le spalle e come tanti «baroni» sono saliti sugli alberi per allontanarsi dal mondo.

Laureato in Scienze Forestali, per quarant’anni nel Corpo Forestale dello Stato, Zovi in questo libro spende tutta la sua esperienza. Soprattutto nei capitoli sedici e diciassette, attraverso i racconti delle sue escursioni nelle più antiche foreste italiane ed europee, ci dice molto della complessità di questi ecosistemi dove alberi vigorosi e vetusti ci parlano del bosco di oggi e di ieri: la riserva naturale di Somadida sulle Dolomiti con un cedro di trecento anni, quella di Sasso Frattino tra Emilia -Romagna e Toscana, la Val Cervara in Abruzzo con faggi che superano i cinquecento anni di vita, la lecceta del Supramonte di Orgosolo, il bosco delle Cloise ad Asiago, la riserva naturale Bosco Fontana a Mantova con trecento ettari di bosco vero, e la tenuta di San Rossore a Pisa con la pineta di Pino Marittimo del 1771.

Ma la mappa che disegna Zovi dicevamo si spinge oltre i confini nazionali. Ed allora gli scenari sono quelli delle foreste in Croazia, Slovenia, del parco nazionale della foresta bavarese in Germania – la più grande superficie boschiva dell’Europa centrale che si estende per seicento chilometri quadrati – la foresta di Boubin in Repubblica Ceca con centoquaranta ettari di foresta vergine; e poi la sierra de las Nieves in Spagna, il parco nazionale dell’Aukštaitija in Lituania, le foreste in Bosnia, Erzegovina e Bulgaria.

Dal primo all’ottavo capitolo invece Zovi con una mano scrive, e con l’altra afferra la lente d’ingrandimento per farci osservare più nel dettaglio i «saperi» degli alberi. Infatti, sono queste le pagine che come un metal detector li osservano da vicino: i loro semi, le radici, il tronco, la corteccia, la resina che producono, la chioma, la loro capacità di muoversi pur rimanendo fermi; e quanti di loro sono chiamati all’appello per fare bella mostra di sé: il Pino delle Canarie, la Betulla, l’Araucacia australiana, il Pino Mugo, il Pruno Selvatico tanto per citarne alcuni. La parte centrale del libro è la porzione che va dal nono al quindicesimo capitolo.

Occorre, lo spiega molto bene Zovi in queste pagine, iniziare a vedere il bosco da una prospettiva diversa: quando lo si visita non ci troviamo dentro un serbatoio di legna ma in un organismo complesso, che ha bisogno di un’organizzazione il più possibile naturale. Ad esempio, continua Zovi, non è vero che il legno morto è inutile, tutt’altro: più di duecento specie di insetti vi sopravvivono dentro, e la sua presenza rappresenta una fonte di biodiversità che contribuisce ad aumentare la sostenibilità di questi ecosistemi.

E poi, nelle foreste risiedono le piante, con la loro sensibilità ed intelligenza diffusa, con l’olfatto, l’udito, il tatto, ed i loro ritmi di vita simili a quelli degli animali; un mondo incredibile che non può non essere visto, rispettato ma anche ascoltato, perché in ogni stagione la foresta ha una sua voce, e come si cita ad inizio del decimo capitolo “e il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, strumenti diversi sotto innumerevoli dita”, il tutto a firma di Gabriele D’Annunzio da “La pioggia nel pineto”.

All’inizio di ogni capitolo troverete citazioni di illustri scrittori come Paolo Cognetti, David George Haskell, Alda Merini, Primo Levi e molti altri, che riportano al tema trattato. Ma ce n’è uno che di Zovi era anche caro amico, e che forse ha narrato al meglio la magia di quei luoghi: Mario Rigoni Stern; e la citazione ad inizio del sedicesimo capitolo è il modo migliore anche per chiudere questa recensione: “Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiore”.

“Alberi sapienti, antiche foreste. Come guardare, ascoltare e avere cura del bosco”, di Daniele Zovi, UTET, pp.310, € 20,00.