Giallo Albert Camus, lo spettro del Kgb dietro la sua morte

Pubblicato il 1 Agosto 2011 - 15:31 OLTRE 6 MESI FA

Albert Camus

PARIGI – Sono passati cinquantuno anni da quando si è schiantato con la sua auto, una morte fatale quanto inspiegabile. Adesso a mezzo secolo di distanza c’è il giallo non si è ancora sbiadito: su di esso si allunga l’ombra del Kgb dietro la sua fine.

Camus, premio Nobel, aveva denunciato e condannato i fatti d’Ungheria e sostenuto Boris Pasternak. Secondo quanto scrive Dario Fertilio sul Corriere della Sera, uno 007 confessò che lo pneumatico dell’auto era stato danneggiato, forse manomesso.

E’ questa confessione inedita a rilanciare l’ipotesi del delitto politico, di quella strana morte e quell’incidente che lo fece uscire dalle lamiere con il cranio fratturato e il collo spezzato. Lo slavista e poeta Giovanni Catelli a un certo incontra Maria Zabranova, vedova Jan Zabrana, scrittore e traduttore dal russo. Parlando del marito postumo del marito e del libro ‘Tutta la vita’ pubblicato in edizione ridotta in Francia e in Italia, si accorgono che rispetto all’edizione originale in ceco, manca la testimonianza sul caso Camus.

”Da un uomo che sa molte cose, e ha fonti da cui conoscerle, ho sentito una cosa molto strana. Egli afferma che l’incidente stradale in cui nel 1960 è morto Camus è stato arrangiato dallo spionaggio sovietico. Loro hanno danneggiato uno pneumatico dell’auto grazie a uno strumento tecnico che con l’alta velocità ha tagliato o bucato lo pneumatico. L’ordine per questa azione è  stato dato personalmente dal ministro Shepilov, come ‘ricompensa’ per l’articolo pubblicato su ‘Franc-Tireur nel marzo del 1957, nel quale Camus, in relazione ai fatti d’Ungheria, ha attaccato quel ministro, nominandolo esplicitamente”.