Storia autobiografica di un incesto che sconvolge la Francia

Pubblicato il 6 Settembre 2012 - 06:00| Aggiornato il 27 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA
Christine Angot in prima pagina su Libération

PARIGI – Titolo: Une semaine de vacances, Una settimana di vacanza. Pagina 1: un uomo e una donna in una stanza, il bagno. Lui è seduto sul water, lei sta per uscire dalla stanza ma lui la richiama indietro: si è messo una fetta di prosciutto sul pene e le propone di mangiarla. Lei si inginocchia. Un gioco erotico? Una sottomissione totale, sottolineata dalla ripetizione di verbi come “chiese”, “ha detto”. Per esempio: “Le chiese di fare uno sforzo, prima di ogni cosa, di provare a non usare i denti. Che le donne continuano a pensare che è eccitante essere mordicchiati lì. Invece non lo è per niente”.

I particolari della sottomissione si fanno via via più crudi, riportati in una fredda telecronaca, un documentario genitale. Anche perché si scopre a poco a poco che i due sono padre e figlia. E lei è una ragazzina.

Benvenuti nel mondo di Christine Angot, in Francia una delle scrittrici più scandalose e – guarda caso – più conosciute. I suoi racconti sono quasi sempre autobiografici e la cosa non è secondaria perché l’incesto è uno dei temi centrali. Tema al quale ha dedicato già un altro intero libro, L’Incèste, uscito in Francia nel 1999 e tradotto in Italia da Einaudi (L’Incesto, 2000).  Ma quello che nel primo libro era solo accennato, gli abusi sessuali, nel secondo è descritto nei minimi dettagli. Obiettivo lo shock del lettore e la vendetta nei confronti del padre sul suo stesso terreno: il linguaggio.

Il padre della Angot, infatti, è (era?) un traduttore del parlamento europeo. Lei fino a 14 anni non lo aveva mai visto: è cresciuta con la madre e la nonna e all’anagrafe risultava come Christine Schwartz. Poi ha incontrato il padre, che l’ha riconosciuta e le ha dato il suo cognome, Angot. Uomo colto, poliglotta, amante della buona tavola. Unico difetto, ha abusato della figlia ripetutamente. Le violenze, ignorate o tacitate dalla cerchia dei parenti e degli amici, riemergono nitide a distanza di 40 anni, in Une semaine de vacances. Dove si vede una ragazza totalmente succube del genitore che mentre la sottomette sessualmente le fa dire “C’est bon, papà”.

Dal 1990 con i suoi venti romanzi la Angot si è pienamente inserita nel filone – fecondissimo in Francia – dell’autofiction, dei nombrilistes, scrittori concentrati sul proprio ombelico. Corrente all’interno della quale un posto in prima fila la hanno sempre una serie di autofictionistes donne, molto concentrate sul sesso: avevamo già passato in rassegna, parlando della porno mamma, i casi letterari di Anais Nin, Virginie Despentes e Catherine Millet. Scritture un po’ rosa e molto a luci rosse, vendite assicurate.

Personaggi sempre molto discussi, ed è anche il caso della Angot, che non si sottrae alle risse televisive (da sempre un toccasana per l’audience così come per le royalties). Le Nouvel Observateur la accusa di essere un vampiro: tanti suoi amanti, amici e parenti, uomini o donne si sono riconosciuti nei personaggi dei suoi libri, non sempre con piacere. Intanto il suo agente letterario e il suo commercialista si fregano le mani: articoli su Le Monde, l’apertura e le prime quattro pagine su Liberatiòn, per Une semaine de vacances, editore Flammarion, il successo in libreria è assicurato..