Europa: da Casanova a Tolstoj, da Cagliostro a Zweig ne esprimono il carattere, Marcenaro li fotografa

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 23 Agosto 2016 - 06:59 OLTRE 6 MESI FA
Europa: da Casanova a Tolstoj, da Cagliostro a Zweig ne esprimono il carattere, Marcenaro li fotografa

Europa: da Casanova a Tolstoj, da Cagliostro a Zweig ne esprimono il carattere, Marcenaro li fotografa

Il dagherrotipo è un’immagine unica, non riproducibile, realizzata su carta d’argento o supporto metallico prevalentemente in rame. La sua “unicità” è il suo valore. Così venne concepito da J.-L..M. Daguerre nel 1837. Il processo fotografico è complesso, ma il risultato è effimero. Occorre altro per perfezionare la riproducibilità dell’immagine  all’infinito. Sono “dagherrotipi”, anzi Daguerréotype, i personaggi impressi da Giuseppe Marcenaro, raffinato ed eccentrico scrittore ligure, in un volume la cui consistenza è pari all’eleganza dello stile nel biografare vite che sbiadiscono proprio come quelle foto d’antan progenitrici della moderna impressione su carta e perfino della digitalizzazione dell’immagine. Con la differenza che esse ci trasmettono ritratti di individualità non ripetibili, mentre l’evoluzione del dagherrotipo è la “consacrazione” della banalità ripetuta all’infinito.

E’ per questo che Marcenaro, mettendo in fila i “suoi” ritratti di europei, raccolti in una edizione, magnifica come sempre,  di Nino Aragno, ha inteso ricordare, quando non celebrare, esistenze che hanno dato il senso alla nostra identità prima che sparisca del tutto dopo essere appunto sbiadita. Esistenze che tra luci ed ombre, insomma, hanno “inventato” la cartografia intellettuale degli europei.

Nessuno più (o quasi) li ricorda come si dovrebbe e nella babele di mode effimere e di tendenze che si sovrappongono decadono le immagini di coloro che possiamo comunque considerare i “dagherrotipi” del nostro essere europei, “antenati di un possibile albero genealogico, etico e morale”. L’opera di Marcenaro, “dunque”, ha l’ambizione di ricordarci l’irripetibilità di un certo numero di personalità rispetto alle quali, comunque la si pensi, siamo debitori della formazione del nostro carattere, anche quando non è precisamente un buon carattere. E se stanno svanendo non è una plausibile ragione per relegarli nel retrobottega dove si affollano le anticaglie inservibili e fastidiose destinate a morire sotto una spessa coltre di polvere. La buona ragione perché qualcuno si ricordi di loro è che hanno tentato di capire, con l’ambizione di tramandarcelo, come funziona la macchina del mondo e qual è il meccanismo che preside alla formazione del nostro temperamento.

Ovviamente Marcenaro non ha inteso mettere insieme un dizionario biografico, ma si è limitato a dispiegare il “movimento” di  alcune vite esemplari – nel bene e nel male – da proporci come antidoti alla decadenza del carattere europeo ed alla cultura che con esso si sta liquefacendo.

Incontriamo così, tra i tanti, Casanova e Cagliostro, Da Ponte e Gibbon, Stendhal e Byron, de Custine e de Maistre, la regina Maria Sofia Wittelsbach sposa dell’ultimo re delle Due Sicilie ed eroina di Gaeta accanto a Lewis Carroll, Rimbaud e Tolstoj, Wittgenstein e Zweig, Céline e Junger. L’elenco è molto più lungo.

Di ognuno Marcenaro offre la “cifra” interpretativa. Pensieri e gesta si intrecciano in una danza di reviviscenze che un po’ vendica l’ignobile oblio nel quale queste inimitabili esistenze sono state trascinate. L’intento è chiaro, come la smagliante rappresentazione dei biografati: “Li stiamo sciupando. Stracciando il culto della loro memoria. La costante rincorsa di una furia edonistica del sé sta disperdendo l’eleganza delle lingue. Le etnie di cui si smarriscono i lessici nazionali avviliscono le varie identità. E di conseguenza si sciupano le letterature, ineffabili testimonianze di esistenze. Di vita. Si sta cancellando il passato. Si sopravvive in un perenne presente. In una isterica attualità senza avvenire. Forse nessuno. Il vuoto. Con la decomposizione delle anime, si diffonde l’angoscia. Per pochissimi isolati un senso di inspiegabile desolazione: la solitudine dei dispersi, smarriti in una isterica, affolla moltitudine di estranei”.

E’ la rappresentazione della fine delle identità. E’ l’epitaffio su una civiltà del sapere travolta dalle immagini effimere. Marcenaro ha raccolto le membra disperse di un mondo in decomposizione e con grazia le ha deposte ai piedi di una civiltà morente. Chi vuole può prendersi cura di questi usurati dagherrotipi e conservarli gelosamente nella sua memoria a beneficio delle generazioni che verranno se mai vorranno recuperare qualcosa da un passato fatto di idee e di parole.

GIUSEPPE MARCENARO, Daguerréotype. Ritratti di europei, Aragno, pp.262, 25,00 euro