“Feste di sangue” terzo romanzo”giallo” di Paolo Forcellini: a Venezia si aggira un serial killer

a cura di Sergio Carli
Pubblicato il 7 Febbraio 2017 - 06:16 OLTRE 6 MESI FA
"Feste di sangue" terzo romanzo"giallo" di Paolo Forcellini: a Venezia si aggira un serial killer

“Feste di sangue” terzo romanzo”giallo” di Paolo Forcellini: a Venezia si aggira un serial killer

“Feste di sangue” è il terzo romanzo “giallo” di Paolo Forcellini, ambientato a Venezia, protagonista il commissario Marco Manente, veneziano doc. Il primo libro, “La tela del Doge”, uscì nel 2013 e fu subito un successo. Nel 2015 è stato pubblicato “Serenissima vendetta”. Ora, sull’onda del successo dei primi due libri. Cairo Editore ha mandato in libreria la terza avventura. Il volume costa 14 euro, per 240 pagine di avventura, emozione, con un pizzico di turismo enogastronomico.

Paolo Forcellini è stato intervistato per il Venerdì di Repubblica da Brunella Schisa, che lo presenta così:

Paolo Forcellini, “veneziano doc, pur vivendo da decenni a Roma, ha conservato intatto l’amore per la sua città. Ce lo trasmette facendoci percorrere in lungo e in largo una Venezia minore, nascosta”.

E introduce il romanzo così:

“Tra le calli, gli squeri e i sottoporteghi di Venezia si aggira un serial killer. Su ciascuna vittima lascia un biglietto con due lettere che potrebbero andare a comporre un nome e un cognome. Le vittime sono tutte donne, di età diverse e senza un apparente legame tra loro. Toccherà al commissario Marco Manente, profondo conoscitore della storia della Serenissima, mettere insieme il puzzle”.

Il  commissario Marco Manente non è il primo poliziotto protagonista di un giallo ambientato al giorno d’oggi. Lo ha preceduto il commmissario Brunetti, personaggio inventato dalla scrittrice Donna Leon, americana che vive a Venezia da 35 anni.

I suoi romanzi si leggono solo in inglese. Ha motivato la scelta di non farsi tradurre col fatto di non volere essere riconosciuta nella città dove vive. Forcellini ne offre una motivazione più perfida:

“Forse è consapevole che la sua Venezia è un luogo stereotipato, costruito su misura per “foresti””.

Chi ha letto i libri della Leon e di Forcellini non ha dubbi che il giornalista italiano per un quarto di secolo redattore dell’ Espresso vinca alla grande il confronto. L’ambientazione della Leon è abbastanza banale, rappresenta come una americana vede gli italiani e i veneziani, col filtro di tanti luoghi comuni. I romanzi di Forcellini sono pieni di carica umana e appassionano non soltanto i veneziani, residenti o della diaspora, ma anche i lettori delle altre regioni. Forcellini ha una marcia in più, aggiungendo, al canovaccio del poliziesco, sempre ben ritmato, senza sbavature, dettagli da guida turistica per intimi e appassionati, con spruzzi di dialetto.

Spiega Forcellini:

“Il commissario Manente ama magnar e bevar secondo tradizione. Quindi evita i percorsi del turismo di massa e, camminando per le sconte – cioè per calli, campielli e salizade ignoti ai più -, accompagna il lettore a scoprire bacari e trattorie dove si possono ancora gustare castradina, poenta e schie, folpetti o una fortagia de bruscandoli. Il tutto innaffiato da qualche buon goto de vin, meglio se del triveneto”.

E il dialetto?

“L’ho usato con moderazione. Ma un po’ di prezzemolo di venessian, assieme alla scelta puntuale di luoghi e memorie storiche, mi è parso indispensabile per calare il racconto nella città vera e non in un fondale teatrale dipinto su tela”.

Quasi 40 anni prima di dedicarsi ai gialli, Forcellini ha pubblicato un libro di economia, uscito nel 1978 col titolo: “Rapporto sull’industria italiana”.  Perché, chiede Brunella Schisa, tra tutti i generi ha scelto il noir?. Spiegazione:

“Ho sempre preferito la letteratura realistica e considero i thriller pressoché la sua unica versione attuale. Manente e i suoi uomini rappresentano un microcosmo dove convivono, non senza attriti, veneziani e napoletani, baciapile e mangiapreti, politicamente corretti e inguaribili scorretti, garantisti e giustizialisti: un piccolo spaccato della società”.