George Orwell: 11 regole per fare un buon tè

Pubblicato il 6 Gennaio 2011 - 18:32 OLTRE 6 MESI FA

George Orwell, uno dei più grandi scrittori inglesi, e non solo, di tutti i tempi,  scrisse un articolo su come si prepara una buona tazza di tè per l’edizione del 12 gennaio 1946 del quotidiano della sera Evening Standard.

Orwell aveva individuato undici regole, ciascuna delle quali lo scrittore affermava di considerare d’oro.

Alcune di queste (come la raccomandazione di usare sempre tè indiano o di Ceylon [lo Sri Lanka di oggi]; di preparare il tè in piccole quantità; di evitare teiere d’argento, e via dicendo) oggi appaiono troppo restrittive o superate, nota il giornalista, polemista e provocatore contemporaneo, sempre inglese, Christopher Hitchens, sbagliando però per eccesso di snobismo, perché gli sfugge la polemica che con sessant’anni di anticipo Orwell già adombra nei confronti dei cinesi: “Il tè cinese ha delle qualità che non sono da disprezzare al giorno d’oggi: costa poco e lo si può bere senza latte. Ma non è una bevanda stimolante. Non è che dopo averlo bevuto uno si senta più saggio, coraggioso o ottimista. Chiunque usi quella confortante frase “una buona tazza di tè” [a nice cup of tea] vuol sempre dire tè indiano”.

E anche sul materiale della teiera Hitchens è forse un po’ troppo dismissivo rispetto alla raccomandazione di Orwell: rigorosamnte porcellana o terracotta.

Tuttavia, le regole essenziali, nota Hitchens, “sono facili da memorizzare e semplici da mettere in pratica”.

Essenziale è preriscaldare la teiera; il tè deve essere forte: per un litro d’acqua ci vogliono sei cucchiaini colmi, meglio una tazza di tè forte che venti leggere. I veri amanti del tè, più passa il tempo più lo vogliono forte ed è per questo che [nell’Inghilterra del 1946, del razionamento e delle tessere annonarie] i pensionati [avevano] diritto a razioni extra.

Regola numero cinque: mettere le foglie di tè direttamente nella teiera. Se le foglie non sono libere l’infuso non si realizza appropriatamente, quindi niente bustine: nessuno muore se ingoia una quantità anche notevole di foglie di tè.

Sei. L’acqua deve essere in ebollizione nel momento stesso in cui incontra il tè e ciò vuol dire lasciare il bollitore sul fuoco fino al momento di versare l’acqua.

Al punto sette affiora il dilemma che appassionò il contemporaneo Ian Fleming, che mise in bocca a James 007 Bond l’esistenziale dubbio, riferito al cocktail Martini: “shaken or stirred”, shakerato o mescolato? Per Orwell non c’è contrapposizione: dopo avere versato l’acqua sulle foglie nella teiera, bisogna rimescolare o, meglio ancora, dare alla teiera un bello scossone e poi lasciare che le foglie si posino sul fondo.

Anche la scelta della tazza è importante per Orwell, che predilige la “tazza da breakfast”, quella che gli anglofili e anglofoni chiamano “mug”, quei tazzoni alti e grossi che di solito si reggono con un manico laterale. Consiglia invece di evitare le normali tazze, quelle basse, perché fanno diventare freddo il tè prima ancora che uno abbia iniziato a bere.

Ancora: se usate il latte, scegliete quello scremato, altrimenti il vostro tè prenderà un gusto untuoso e, dieci, non versate il latte nella tazza prima del tè, ci sono famiglie che litigano da generazioni per questo motivo. Aggiungetelo per ultimo, e con grande attenzione, perché rischiate di versarne troppo.

Ultimo ma non meno importante: il tè va bevuto senza zucchero, a meno che uno non lo beva alla russa (Puskin diceva che per essere felici bastava un tè caldo nella tazza e una zolletta di zucchero in bocca). Pochi sono d’accordo e Orwell lo sa. Però, ammonisce, uno non si può definire “un vero amante del tè se ne distrugge il gusto mettendoci dello zucchero. Sarebbe lo stesso a metterci sale o pepe. Il tè deve essere amaro, proprio come la birra deve essere amara [bitter per antonomasia è infatti chiamata nei pub inglesi la birra]. Se lo addolcite, non gustate più il tè, state solo gustando lo zucchero. Potete ottenere lo stesso risultato sciogliendo lo zucchero nell’acqua calda”.

Orwell anticipa l’obiezione di chi non ama il tè e lo beve solo per scaldarsi o tenersi svegli e lo zucchero serve per togliere il gusto: “Provate a bere il tè senza zucchero per un paio di setimane. Dopo, sarà molto poco probabile che vogliate ancora guastare il vostro tè addolcendolo”. Parola di Orwell.