Giuseppe Sgarbi: “Lei mi parla ancora”, elegia dell’amore coniugale

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 14 Dicembre 2016 - 06:11 OLTRE 6 MESI FA

 

Giuseppe Sgarbi "Lei mi parla ancora", elegia dell'amore coniugale

Giuseppe Sgarbi “Lei mi parla ancora”, elegia dell’amore coniugale

“E tu, dimmi: perché sei andata via? Così presto, poi. Che fretta c’era?, dimmi”. Si apre così, con queste semplici parole, l’intenso monologo, vera e propria elegia, che Giuseppe “Nino” Sgarbi rivolge alla moglie Rina, un anno dopo la scomparsa. Ed in esse c’è tutto: l’incredulità dell’abbandono, l’inspiegabile improvvisa solitudine, l’irragionevole silenzio della donna amata che quantomeno avrebbe dovuto avvertirlo.

C’è soprattutto un immenso, tenerissimo amore nel lungo discorrere con lei di un novantenne che non può fare a meno della donna nella quale tutto ha trovato e alla quale ogni cosa di se stesso ha donato.

“Lei mi parla ancora” – che non saprei come definire: poesia, romanzo, diario, memoria – è più che un libro; è un elegantissimo scrigno nel quale un vecchio signore, colto e raffinato, ha riposto il suo tesoro più prezioso: la passione per sua moglie, madre dei suoi figli, ispiratrice totale di tutta la sua esistenza. Quasi a volerla preservare dalla polvere del tempo e tenerla con sé finché potrà per poi trasmetterla, questa passione così assorbente e totale, a chi avrà la ventura di prenderne contezza.

Una passione dai colori intensi, nutrita di ricordi: insomma, la storia di una vita di due esseri innamorati fin dal primo istante. Un istante, si potrebbe paradossalmente dire, lungo oltre sessant’anni e che continua a far palpitare il sopravvissuto capace di parlare alla sua donna come ha fatto sempre.

Giuseppe Sgarbi già un paio d’anni fa s’era scoperto scrittore, prima con “Lungo l’argine del tempo. Memorie di un farmacista” e poi con “Non chiedere cosa sarà il futuro”, sempre editi da Skira come quest’ultimo. Con la lunga “lettera” (vogliamo definire così questa straordinaria poesia in prosa?) alla moglie si conferma autore  tra i più seducenti tra i nostri contemporanei.

Probabilmente lui l’ha sempre saputo di essere uno scrittore, ma chissà perché ha aspettato tanto per rivelarsi negandoci chissà quanti altri scritti che come quelli citati, ed in particolare “Lei mi parla ancora”, suscitano in noi un sentimento di intima gioia spirituale grazie anche alla bellezza di una scrittura essenziale, dolce, sorvegliata, spontanea, umanissima e delicata.

E’ il suo omaggio estremo a Rina, si dirà. Naturalmente. Di certo anche ai suoi figli Vittorio ed Elisabetta. E senz’altro alla sua terra così ricca di umori e di carattere. Ma è pure un omaggio a chi leggendo (e rileggendo!) queste pagine ritrova ciò che ha perduto: il calore di uno slancio vitale che non appassisce mai, neppure di fronte alle inevitabili difficoltà della vita.

Giuseppe e la sua Rina. Il “viaggio” compiuto da Giuseppe Sgarbi con la sua Rina sembra che non sia  ancora finito. Le parla e l’ascolta come se fosse ancora seduta su quella poltrona in cucina ormai desolatamente vuota. E a chi non ha avuto la fortuna di conoscerla la racconta nel lungo percorso compiuto insieme segnato da una gioia che i particolari annotati fanno emergere più di una ricerca nella memoria che con fatica si cerca di trattenere.

Già, la memoria. Ad un certo punto si ha quasi l’impressione che Giuseppe della Rina non voglia perdere niente, neppure il più piccolo sospiro, la più insignificante delle attenzioni. Ed ogni gesto e quasi ogni parola voglia serbarli per se stesso al punto di non aver bisogno di “aggiungere niente alla nostra vita”, perché è stata una vita bella. Così, semplicemente.

Non è un libro per critici letterari questo di Giuseppe Sgarbi. Nessuno potrebbe recensire “tecnicamente” pagine nelle quali ci si imbatte in una frase come questa: “Finché morte non vi separi è una bugia. Il minimo sindacale. Un amore come il nostro arriva molto più in là. E il tuo lo sento anche da qui”. Cosa dovrebbe aggiungere un critico di professione?

Si respira aria buona in questo libro. Si tocca un mondo che non c’è più. Si assaporano parole antiche che un novantenne ha il coraggio di mettere felicemente su carta. Ci fa così sentire più poveri attaccati alla  nostra modernità da accattoni. A pensarci bene, è questo il “miracolo” di Rina, probabilmente. Suscitatrice di sentimenti e di pensieri umili, nutrimento dell’arte della vita. Insieme con suo marito ha coltivato con l’esuberanza della sua perenne giovinezza trovando in lui il perfetto completamento di se stessa.

“Mi hai amato di un amore grande. Talmente grande che, solo a pensarci, mi gira la testa. E non so se sono mai riuscito a ricambiarlo fino in fondo. Temo di no. Perché tu eri totale in tutto, anche nell’amare”, scrive Giuseppe. E si capisce che non sa e non vuole darsi pace. Già, “che fretta c’era?”

GIUSEPPE SGARBI, Lei mi parla ancora, Skira, pp. 118, € 14,00